Un prelievo di sangue della mamma per la diagnosi della sindrome di Down.
Cosa si intende per DNA fetale?
Cosa è possibile sapere?
Quanto è attendibile l’esame?
A chi fare il test del DNA e quando farlo?
Dove si esegue il test?
Risponde Antonio Farina – Università di Bologna, Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna. Revisione: Paola Viganò e S.M. Frassà
[fblike layout=”standard” send=”true” show_faces=”true” action=”like” font=”lucida+grande” colorscheme=”light”] Button Text [margin10]Dopo oltre 15 anni dalla scoperta rivoluzionaria di un professore di patologia di Hong Kong, Dennis Lo, che per primo dimostrò la presenza di sequenze di DNA fetale libero circolante nel sangue materno, è possibile da poco sapere con certezza se il nascituro avrà la sindrome di Down.
Di cosa si tratta? Da un semplice prelievo di sangue venoso è possibile individuare il DNA del nascituro e capire se il feto è geneticamente sano. Negli anni numerosi ricercatori, anche italiani, sono stati impegnati nel trovare il giusto metodo per arrivare a dare questa risposta importante alla madre senza che si sottoponesse necessariamente alla villocentesi o all’amniocentesi. Complice la tecnologia sofisticata dei macchinari usati e gli algoritmi di calcolo per identificare e quantificare le sequenze di DNA.
Cosa si intende per DNA fetale? In realtà più che di DNA fetale si tratta di DNA proveniente dal trofoblasto, un tessuto di rivestimento dei villi placentari che, rilascia naturalmente nel torrente sanguigno materno frammenti di DNA delle proprie cellule. Avendo a disposizione DNA frammentato proveniente dal compartimento fetale, è possibile analizzarlo e capire se è presente in quantità normale.
Cosa è possibile sapere del nascituro mediante questo test? Mediante tecniche sofisticate è possibile isolare il DNA dal sangue materno, che contiene circa il 10% di DNA fetale. La Sindrome di Down (Trisomia 21) è dovuta alla presenza di tre copie del cromosoma 21, quando nella norma ne sono presenti soltanto 2. Se, mediante la valutazione del DNA si identifica una quantità superiore ad un valore soglia , di frammenti provenienti dal cromosoma 21, allora si conclude che il nascituro è affetto dalla malattia. E’ possibile sapere anche se esistono altre patologie cromosomiche a carico del nascituro come ad esempio la Sindrome di Turner.
Quanto è attendibile l’esame? Sebbene la letteratura ancora non possieda dati epidemiologici, le pubblicazioni disponibili, provenienti da ricercatori seri e conosciuti, indicano che il test è estremamente attendibile per la diagnosi della Sindrome di Down, con valori paragonabili a quelli ottenuti mediante la villocentesi (quindi oltre il 99% di sensibilità), ma è anche fortemente diagnostico per la Trisomia 18 (sensibilità del 97%) e per le patologie del cromosomi sessuali X e Y (fra cui appunto la Sindrome di Turner la cui sensibilità di attesta al 95%). In caso di test positivo, si raccomanda sempre l’esecuzione della villo centesi o della amniocentesi per valutare tutto il quadro cromosomico fetale (il così detto cariotipo). Comunque va evidenziato che la percentuale di falsi positivi e cioè di donne che ricorreranno inutilmente alla esecuzione della villo o amniocentesi è estremamente bassa, pari allo 0.2% per la Sindrome di Down e dell’1% per la Sindrome di Turner. Per contro la percentuale di falsi negativi si approccia allo 0%. Visto da un altro punto di vista, praticamente ad ogni test del DNA fetale positivo corrisponderà quasi sempre una amniocentesi positiva. Tale valore si abbassa (fino a circa 1 amniocentesi positiva su 3 test del DNA positivi) se la paziente è molto giovane. Per tale ragione è necessario selezionare le gravide a priori.
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A chi fare il test del DNA e quando farlo? Non tutte le donne gravide devono fare il test. Le indicazioni per eseguire il test sono abbastanza specifiche. Si raccomanda alle donne positive allo screening combinato (detto anche erroneamente “bi-test”), di età oltre i 35 anni, con quadri ecografici riconducibili alla sindrome di Down , o a quelle donne con precedenti gravidanze Down . Il test di può fare già a 10 settimane compiute di gravidanza. L’esecuzione del test riduce sensibilmente la percentuale di ricorso alla villo centesi o alla amniocentesi.
Attenzione ai gemelli . Le gravidanze gemellari possono, da poco tempo, eseguire il test che però viene proposto solo per la Sindrome di Down e le altre aneuploidie. Viene esclusa la diagnosi di sesso fetale e delle patologie dei cromosomi sessuali. E’ importante stabilire se la gravidanza è iniziata come gemellare e poi stia continuando come singola, in quanto il sacco gestazionale riassorbito rilascia DNA fetale per alcune settimane esponendo il risultato del test a falsi positivi. Anche alcune rare condizioni genetiche materne possono alterare il test .
Chi non può fare il test del DNA? Purtroppo le gravidanze gemellari sono ad oggi escluse da questo esame, così come la presenza di alcune rare condizioni materne.
Dove si esegue il test? In Italia il prelievo del campione, a quanto sappia io personalmente, è disponibile in alcuni Centri a Bologna a Milano. Il campione raccolto viene inviato in laboratori specializzati (esteri). Il test non è offerto dal Sistema Sanitario Nazionale ed il costo è ad oggi superiore ai 1000 euro.
Per saperne di più: antonio.farina@unibo.it [tweet layout=”horizontal” lang=”it”] [googleplusone size=”standard” lang=”it”][linkedin layout=”2″] [margin10]
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