Skip to main content

Lorenzo Marini racconta la difficoltà del comunicare con una nuova opera da Ventura Future

By CRAMUM
[fblike layout=”standard” colorscheme=”light”][margin10]

L’inedita installazione artistica AlphaCube dell’artista Lorenzo Marini sarà protagonista di Ventura Future durante la Design Week 2019 (9-14 aprile). Il progetto, curato da Sabino Maria Frassà, completa e arricchisce la proposta artistica di CRAMUM & Ventura Projects per la DesignWeek del 2019. AlphaCube è l’anti-cubo bianco, una critica ironica al mondo dell’arte e all’incapacità degli esseri umani di parlarsi e capirsi veramente.  Dopo la DesignWeek l’installazione sarà poi presentata a Venezia in occasione della prossima Biennale d’Arte.

Ventura Future
Presso BASE Milano. Ingresso da Via Tortona 54 o da Via Bergognone 34
Press Preview 8 Aprile ore 13:00 (su invito)
Martedì 9 Aprile – Sabato 13 Aprile 09:30 – 20:00 (ticket)
Mercoledì 10 Aprile Apertura serale: 20:00 – 22:00 (ticket)
Domenica 14 Aprile: 09:30 – 18:00 (ticket)

TRASCENDENZA – in mostra a Milano le opere dalla collezione privata di Alberto Di Fabio

By CRAMUM
[fblike colorscheme=”light”][margin10]

Martedì 12 febbraio alle ore 19:00 Gaggenau e Cramum inaugura la mostra “Trascendenza” di Alberto Di Fabio a cura di Sabino Maria Frassà da Gaggenau DesignElementi HUB (Corso Magenta 2 – cortile interno – Milano). La mostra sarà l’occasione per conoscere una raccolta di opere provenienti dalla collezione privata dell’artista e incentrate sul legame tra materia e immaterialità .

Neuroni in oro, Alberto Di Fabio, mosaico, 2010

Come spiega il curatore Sabino Maria Frassà, “Alberto Di Fabio è il pittore dell’infinito invisibile. E’ un artista che non si accontenta di dipingere il cielocosi come lo vediamo, ma va oltre e analizza l’infinito, sia esso interiore che astrale […] L’oro delle opere di “Trascendenza” rappresenta la ricerca della luce, della purezza dell’anima, che permette di distaccarsi e infine trascendere la materia stessa. “Brain Stone”, “Corpo di luce”, “Corpo astrale”, “Corpo aurico”, “Veicoli di coscienza”, “Individuo magnetico” sono i titoli di alcune di queste opere, che ci introducono in un mondo di bellezza, energia matematica e spiritualità. Di fronte a queste opere lo spettatore riesce a sperimentare una sorta di trance visiva, trascendere il reale e intraprendere un viaggio onirico verso mondi paralleli lontani nello spazio e nel tempo”. 

La mostra è promossa dal noto brand del design Gaggenau insieme al progetto non-profit CRAMUM e sarà aperta al pubblico dal 13 febbraio al 1° aprile dal lunedì al venerdì (10:00-18:00).  

Il Maestro Franco Mazzucchelli compie 80 anni

By CRAMUM

Omaggio di CRAMUM a Franco Mazzucchelli in occasione dei suoi primi 80 anni.

[fblike layout=”standard” colorscheme=”light”][margin10]
Salvami | Andata – Ritorno, Franco Mazzucchelli per Cramum e Ventura Centrale, 2018

Il 24 gennaio 1939 nasceva Franco Mazzucchelli, uno degli artisti italiani contemporanei più interessanti. Franco Mazzucchelli si diploma nel 1963 in pittura e nel 1966 in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. A partire dagli anni Sessanta, abbandonata l’uso della resina, lavora sulla sperimentazione dei materiali plastici, svolgendo una ricerca pionieristica che lo porta alla realizzazione di strutture gonfiabili a grande scala. Sono opere installate in luoghi aperti, create e abbandonate al fine di instaurare un nuovo rapporto con il paesaggio urbano e naturale. Installazioni simili vengono utilizzate per indagare il ruolo sociale dell’opera d’arte, una ricerca che si concretizza nella partecipazione attiva del pubblico, dove è fondamentale anche la contaminazione con lo spazio, che viene scrupolosamente documentata con fotografie e film. Nella seconda metà degli anni Settanta ai gonfiabili in PVC si sostituiscono delle vere e proprie strutture aeree in polietilene, in cui i visitatori sono chiamati a entrare. Negli stessi anni Mazzucchelli partecipa a diverse esposizioni personali e collettive, è docente alla Cattedra di “Tecniche della Scultura” e coordinatore del Dipartimento di “Comunicazione Visiva Multimediale” all’Accademia di Brera. A partire dagli anni ’90 la sua ricerca affianca alle tematiche sociali dei cicli di REC e A. ON. A. una ricerca sull’estetica dell’arte, denominata “Bieca Decorazione” o semplicemente “BD”. Oggi la sua ricerca prosegue nella logica della sperimentazione alla scoperta di nuove percezioni della realtà, facendo affidamento sulla complicità dei suoi inseparabili materiali: plastica e aria.

Catena (“In fabbrica non si può fare”) 1968

Da sempre impegnato nel sociale, nel supporto e nella formazione delle nuove generazioni, Franco Mazzucchelli aderisce nel 2014 al progetto CRAMUM per l’arte contemporanea. Con Cramum partecipa a 10 mostre in tutta Italia (Milano, Ivrea, Varedo, Roma) e all’estero (Budapest). In occasione della mostra OLTRE ROMA, promossa da Cramum a Roma, Franco Mazzucchelli espone per la prima volta dal 1969 (e pubblica per la prima volta in assoluto) l’opera emblematica “Catena”, anche detta “In fabbrica non si può fare”. Il 2018 è infine un anno ricco di eventi e di riconoscimenti: dopo il successo della mostra personale al Museo del Novecento (a cura di Sabino Maria Frassà e Iolanda Ratti) realizza l’intervento artistico (lungo 250 metri) “SALVAMI | Andata – Ritorno” per Ventura Project, FAS e Cramum durante la Design Week. L’anno si conclude con la mostra personale BI-FACE da Gaggenau Hub a Milano, dedicata alle recenti e inedite opere “Bifacciali”.

Bifacciale n5, Mostra BI-FACE a cura di Sabino Maria Frassà da Gaggenau Hub, 2018
A.TO A. (Torino, 1971), dalla mostra NON TI ABBANDONERO’ MAI. AZIONI 1964-1979 a cura di Sabino Maria Frassà e Iolanda Ratti al Museo del Novecento, 2018

20 anni senza l’amico fragile De André

By CRAMUM

Il 24 agosto 1998 ero tra le persone che aspettavano a Saint-Vincent l’inizio del concerto di Fabrizio De André. Non sapevamo che quel concerto sarebbe stato cancellato di li a pochi minuti e che l’11 gennaio 1999 il nostro Pescatore e Amico Fragile si sarebbe assopito per l’ultima volta a causa di un carcinoma polmonare.

[fblike][margin10]

20 anni fa scompariva non solo uno tra i cantautori più famosi in Italia, ma soprattutto veniva a mancare un Amico, uno di quei rari poeti – italiani contemporanei – che con garbo e autocritica ha per tutta la vita consigliato e suggerito riflessioni. Del resto una vita fortunata e ricca di privilegi – anche per nascita – aveva fatto percepire a De André il dovere di fare qualcosa per gli altri. Questo “senso del dovere”, che aveva riversato nello scrivere e cantare canzoni che parlavano dei più sfortunati e “reietti”, si accompagnò per tutta la vita a un forte senso di impotenza, frustrazione e forse anche a un senso di colpa per un mondo caratterizzato da disuguaglianze crescenti.

In fondo capita a tutti di chiedersi se cambiare il mondo con le parole sia possibile.

De André in vita ne dubitò molto, come si evince anche dal senso di frustrazione incluso in Amico Fragile. Ma se pensiamo a posteriori alla vita e carriera artistica di De André e al consenso che ancora oggi riscuotono le sue canzoni, sembra che migliorare il mondo con le parole giuste sia (ancora o finalmente) possibile. Non tutti possono però essere Fabrizio De André; non tutti hanno quella mirabile capacità di sintesi e di ritrarre con poche parole la complessità del mondo che ci circonda. A noi – comuni mortali – l’onere di provarci e se non ci riusciamo possiamo sempre ricordare agli altri le parole di Fabrizio De André.

In occasione di questo anniversario vi proponiamo perciò alcuni passaggi dalle canzoni con i quali De André ci ha meglio ricordato quale sia il vero significato di “essere umano” e di sentimenti che sembrano oggi un po’ sopiti, quali compassione, empatia, generosità e altruismo. In fondo se De André ci ha lasciato un’eredità non è quella di aver “cantato” un periodo storico, ma quella di farci ancora oggi riflettere sul “dovere” – e non sulla “possibilità” – di pensare sempre – e non un’ora al mese – a quell’amico fragile che è in ogni essere umano … anche in noi.

Da Il Pescatore, 1968

All’ombra dell’ultimo sole 
S’era assopito un pescatore 
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso

Venne alla spiaggia un assassino
Due occhi grandi da bambino
Due occhi enormi di paura
Eran gli specchi di un’avventura

E chiese al vecchio “dammi il pane
Ho poco tempo e troppa fame”
E chiese al vecchio “dammi il vino
Ho sete e sono un assassino

“Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane 
Per chi diceva “ho sete, ho fame”

Da Bocca di Rosa, 1967
“Si sa che la gente dà buoni consigli
Sentendosi come Gesù nel tempio
Si sa che la gente dà buoni consigli
Se non può più dare cattivo esempioCosì una vecchia mai stata moglie
Senza mai figli, senza più voglie
Si prese la briga e di certo il gusto
Di dare a tutte il consiglio giustoE rivolgendosi alle cornute
Le apostrofò con parole argute
“Il furto d’amore sarà punito”
Disse “dall’ordine costituito”

Da Amico fragile, 1975

“Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d’attenzione e d’amore
troppo, “Se mi vuoi bene piangi “
per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo “Mi ricordo”:
per osservarvi affittare un chilo d’erba
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.”

Da La Guerra di Piero, 1968
“Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po’ addosso
Dei morti in battaglia ti porti la voce
Chi diede la vita ebbe in cambio una croceMa tu non lo udisti e il tempo passava
Con le stagioni a passo di giava
Ed arrivasti a varcar la frontiera
In un bel giorno di primaveraE mentre marciavi con l’anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro coloreSparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in terra a coprire il suo sangueE se gli spari in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muoreE mentre gli usi questa premura
Quello si volta, ti vede e ha paura
Ed imbracciata l’artiglieria
Non ti ricambia la cortesia”

Sabino Maria Frassà. Milano, 9 gennaio 2019


Quali libri non regalare a Natale?

By CRAMUM, Cultura

[fblike colorscheme=”light”][margin10]

Zsolt Asztalos, My Story my version – BARBARA, 2014

Con l’avvicinarsi delle festività natalizie siamo colti da una smania da regalo che sfocia spesso nell’ansia da prestazione: cosa comprare per piacere? Come spendere poco e fare bella figura?
Molti optano per i libri. Assistiamo così ad una folla nelle librerie che nemmeno a inizio di anno scolastico si ha. In fondo i libri sono “oggetti” tutto sommato economici, gradevoli e non impegnativi … quasi sempre.
Così se è vero che l’Italia è regina di “non lettori” (nel 2016 il 40,5% contro il 62,2% della Spagna, il 68,7% della Germania, del 90% della Norvegia), a Natale sembra cambiare qualcosa… o quasi.

Infatti questa folla di persone non compra libri per sé, mossi non dalla voglia di apprendere quanto da quella di fare un regalo, spesso a buon mercato. Se risparmiare in tempi di crisi ed economia asfittica non è una colpa, fanno più riflettere i titoli dei libri donati: tanta la cosiddetta lettura di intrattenimento.
Non conoscendo e non maneggiando bene i libri a essere premiati sono comici, calciatori, influencer, “mogli di”, ovvero tutte persone che di lavoro non scrivono (scritti perciò da ghostwriter). I libri regalati posso anche essere volumi incentrati su hobby e passioni (che poi siamo sicuri di conoscere veramente hobby e passioni di chi ci circonda?): brulicano sempre più testi di cucina e hobby; quest’anno è l’anno della “calligrafia”!

Laura de Santillana, Senza titolo, vetro e oro, 2014

Cosa guida tali scelte? Moda-trend, marketing e poco altro. Si compra ciò che è ben comunicato, ciò che siamo sicuri non offenda, annoi e possa far nascere un sorriso in chi lo riceve. L’italiano e il contenuto dei libri non sono criteri determinanti per la scelta d’acquisto.

Il problema non è perciò l’incapacità degli scrittori ombra, quanto la logica che muove l'”editoria natalizia”: i libri che vengono pubblicati devono essere comprati e compresi da chiunque, anche da quel 59,2% di popolazione che non legge quasi per nulla, anche da quella crescente parte della popolazione che soffre di analfabetismo funzionale (cioè chi, pur essendo in grado di capire testi molto semplici, non riesce a elaborarne e utilizzarne le informazioni). Si è del resto quasi sicuri del fatto che molti dei destinatari dei libri regalati a Natale non finiranno il primo capitolo del libro regalato, che molti altri terranno il libro come mero oggetto e che pochissimi rifletteranno sul contenuto del libro donato.

Elena Modorati, Nicchia, Cera e carta giapponese, 2008

Cosa resta di tale lettura e di tutti questi libri? L’importante ricordo e l’affetto di chi l’ha regalato e poco altro. In un mondo così frenetico e scarsamente empatico è forse già questo un risultato, ma siamo onesti è un risultato al ribasso abbastanza, a ben pensare, deprimente. Stiamo regalando manuali di istruzioni o poco più, non scritti bene, in cui l’importante è al 90% copertina (per estetica e/o nome dell’autore). Non sono questi i libri che diminuiscono il dramma dell’analfabetismo funzionale, né che aumentano il senso critico necessario per conservare i principi democratici che fondano il nostro Paese e ogni democrazia.
Se è comprensibile che le case editrici, strette da un’interminabile crisi dei lettori, facciano di tutto per rimanere a galla, a chiunque di noi venga colto dalla tentazione di regalare un libro a Natale l’onere e la possibilità di scegliere un romanzo scritto da un giovane scrittore emergente. Sarà un regalo più rischioso, magari meno apprezzato subito, ma più autentico e proficuo. Se ci piace invece l’oggetto libro, consideriamo che esistono tantissimi e pregiati libri d’artista, oltre a opere d’arte ispirate ai libri: per citarne alcuni l’ungherese Zsolt Asztalos o le italiane Elena Modorati e Laura de Santillana.

Infine se poi non abbiamo tutto questo coraggio e preferiamo regalare ciò che conosciamo, magari anche per il piacere di confrontarsi con chi lo riceve, perché non regalare un grande classico, che ha fatto la storia nostra e della nostra società democratica?
Un bel libro porta a pensieri nuovi, che fanno crescere noi e chi ci sta intorno. Un bel libro è per sempre.
Questa è la nostra classifica dei 10 classici da regalare per il Natale 2018. Consigli per gli acquisti? No consigli per un mondo migliore o per salvare e mantenere la nostra democrazia!

  1. Orlando, Virignia Woolf, 1928
  2. Lavorare stanca, Cesare Pavese, 1936
  3. Antigone, Sofocle, 442 a.C.
  4. De beneficiis, Seneca, 62 d.C.
  5. L’idiota, Fëdor Dostoevskij, 1869
  6. Novelle per un anno, Luigi Pirandello, 1922-1937
  7. Il trentesimo anno, Ingeborg Bachmann, 1961
  8. Meditazioni metafisiche, (Renato) Cartesio, 1637
  9. Amado mio, Pasolini, 1982
  10. Bariona o il figlio del tuono. Racconto di Natale per cristiani e non credenti, Jean-Paul Sartre, 1940

Maternità, arte ed ecologia. Dopo il premio Cramum Francesco Fossati a Casa Museo Boschi Di Stefano

By CRAMUM

[fblike][margin10]

“Madonna col bambino”: Mario Tozzi (sinistra) e Francesco Fossati (destra)

Non capita tutti i giorni di coniugare le tre anime del nostro portale: arte, gravidanza e scienza. E’ perciò un progetto che merita tutta la nostra attenzione la “sostituzione” temporanea al Museo Boschi di Stefano di Milano del celebre dipinto “Madonna col bambino” di Mario Tozzi con la versione “green” grazie a Francesco Fossati, tra i finalisti dell’ultimo premio Cramum.

Il 16 ottobre alle ore 17:00 in occasione della Giornata Mondiale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, all’interno del Progetto “Sostituzioni” di Casa Museo Boschi Di Stefano (Milano) sarà presentata la nuova “Sostituzione”: al posto della “Madonna col bambino” di Mario Tozzi, oggi esposta al MART di Rovereto, l’opera “green” di Francesco Fossati. L’opera donata dall’artista al Museo riprende e rilegge il tema della maternità in chiave contemporanea: dove ci porteranno infatti una crescita demografica e un’urbanizzazione incontrollata?

Francesco Fossati è stato invitato dal Direttore del Premio Cramum, Sabino Maria Frassà, ad aderire al Progetto “Sostituzioni” ideato da Maria Fratelli per Casa Museo Boschi di Stefano. Maria Fratelli spiega così questa ambiziosa iniziativa: “Il progetto prevede la “sostituzione” temporanea delle opere della nostra ricchissima collezione in prestito a mostre in Italia e all’estero, con opere realizzate e donate da artisti e fotografi contemporanei. In questo modo si aprono le opere del Museo alle nuove generazioni di artisti, i quali finiscono con l’avere tre ordini di committenti: il Museo, la Collezione Boschi Di Stefano e l’opera di cui prendono temporaneamente il posto”.

L’artista Francesco Fossati

Il direttore artistico di Cramum, Sabino Maria Frassà, spiega infine la genesi e il senso dell’opera Madonna col bambino – Ailanthus altissima di Francesco Fossati: “se non è sempre facile per un artista dialogare con i Maestri del passato, ancora più complesso è reinterpretare una singola opera come Madonna col bambino di Mario Tozzi, caratterizzata e fortemente connotata anche a livello sociale e ideologico. Ciononostante Francesco Fossati  non si sottrae al tema del dipinto di Tozzi – la maternità – che riesce a trasformare in occasione per approfondire e portare avanti coerentemente la propria ricerca artistica. Introduce così nella sua opera il rapporto di “maternità” in natura e la forma dei cerchi concentrici: quello interno, il “centro”, è costituito dalle foglie della pianta figlio, mentre il cerchio esterno è composto dalla “stampa” ottenuta con le foglie della pianta madre. La forma stessa del cerchio con all’interno un “centro” rievoca il ventre materno e il significato di armonia e origine, concetti insiti nell’idea stessa di maternità. Francesco Fossati con la sua Madonna col bambino – Ailanthus altissima non sorprende però soltanto per la rielaborazione in chiave “ecologica” di un’opera del passato, quanto soprattutto per il fatto di aver elaborato un’opera profondamente concettuale, reinterpretando e andando al di là del tema stesso della maternità e del topos della pittura, propri dell’opera di Mario Tozzi. Del resto gli elementi costitutivi dell’opera di Francesco Fossati – che non è un dipinto ma un ecoprint – sono i vegetali, i quali sono impiegati non soltanto quali forme e/o fonte “naturale” di colore, quanto quali reali portatori di contenuto e concetto. La pianta selezionata “Ailanthus altissima“, ripresa nel titolo del dipinto, è una specie infestante che, se raggiunge lo stadio adulto, è in grado di riprodursi naturalmente in maniera esponenziale, dando vita a una vastità di “piante figlio”. Tali piante sono note per essere in grado di svilupparsi e crescere in tutti quegli spazi lasciati incolti dall’uomo: aree verdi vicino a ferrovie, autostrade, dirupi, terreni sterili, incolti o impervi. Francesco Fossati con questo lavoro non solo sintetizza e reinterpreta la tradizione del passato – dall’armonia vegetale di Giuseppe Arcimboldo al simbolismo degli anni venti – ma riesce anche a indagare in modo critico e inedito temi attuali e controversi quali gli effetti di una crescita demografica e di un’urbanizzazione incontrollata”.

 

100 anni di Polonia celebrati da Gaggenau Milano con la mostra personale di Maria Wasilewska

By CRAMUM

[fblike layout=”standard”][margin10]

A conclusione del primo conflitto mondiale, l’11 novembre 1918 nasceva la Repubblica di Polonia dopo 123 anni in cui era stata occupata e “spartita” tra Austria, Prussia e Russia. Per la celebrazione di questo importante centenario il 14 novembre inaugura a Milano da Gaggenau Hub (Corso Magenta 2)  la mostra personale dell’artista polacca Maria Wasilewska “Reflections & Distortions” a cura di Sabino Maria Frassà. La mostra conclude il ciclo artistico ON REFLECTION promosso dal brand di design Gaggenau e dal progetto non profit CRAMUM per proporre una riflessione e nuova prospettiva sull’arte oggi.

Maria Wasilewska propone opere accomunate dalla forte distorsione nel riflesso. Del resto secondo l’artista l’arte non può che rappresentare il caos postmoderno e la deformità della realtà in cui viviamo e che si nasconde dietro un ordine di facciata. Spiegando l’origine del titolo della mostra – Reflections & Distorsions – l’artista ricorda che “la mia stessa idea di arte riguarda la distorsione. L’arte è proprio quella “distorsione”, quell’alterazione della realtà che porta lo spettatore a riflettere e non a riflettersi nell’opera. Maggiore è la presenza di “distorsioni” mediante movimenti, riflessi e altre inferenze, maggiore sarà la possibilità che ci distacchiamo dall’ossessione di interpretare e razionalizzare la realtà e tutto ciò che ci circonda.”

La mostra, che ha ottenuto il patrocinio e supporto del Consolato Generale della Repubblica di Polonia, sarà inaugurata il 14 novembre e sarà visitabile dal 15 novembre al 13 gennaio 2019 dalle 10:00 alle 19:00 da lunedì a venerdì.

Andreas Senoner vince il sesto premio CRAMUM per l’arte contemporanea. 2° Maria Teresa Ortoleva 3° Ryts Monet

By CRAMUM

[fblike layout=”standard”][margin10]

Andreas Senoner vincitore del sesto premio CRAMUM (con il premio in mano). Da sinistra Assessore Cristina Tau, Filippo Vergani – sindaco di Varedo, Sabino Maria Frassà, Direttore Artistico del Premio, Maria Teresa Ortoleva (2° classificata), Ryts Monet (3° classificato), Isabella Maffeis – Presidente Fondazione La Versiera)

L’ampia e ricchissima giuria del Premio CRAMUM  ha attribuito la Vittoria della 6° edizione del premio CRAMUM per l’arte contemporanea ad Andreas Senoner, seconda Maria Teresa Ortoleva e terzo Ryts Monet. Le opere di tutti i finalisti saranno visibili a Villa Bagatti Valsecchi di Varedo fino al 30 settembre all’interno della mostra AVEVO 20 ANNI a cura di Sabino Maria Frassà con le opere dei 10 artisti finalisti del premio CRAMUM al fianco di quelle degli artisti di fama internazionale, fuori concorso: Ivan Barlafante,Yuting Cheng, Alberto di Fabio, Francesco Fossati, Marta Galbusera, Daesung Lee, Giulia Manfredi, Franco Mazzucchelli, Ryts Monet, Marcello Morandini, Maria-Teresa Ortoleva, Noa Pane, Francesca Piovesan, Diego Randazzo, Marika Ricchi, Zheng Rong, Andreas Senoner, Rob van den Berg, Maria Wasilewska.

La cerimonia di premiazione si è tenuta in occasione dell’inaugurazione della mostra alla presenza del Presidente della Fondazione la Versiera 1718, del Direttore Artistico Sabino Maria Frassà, del Sindaco di Varedo Vergani e dell’Assessore alla cultura Cristina Tau, che ha consegnato al vincitore il cubo simbolo del premio.

Premio Cramum 2018: il premio speciale “Ventura Projects for Cramum” va a Maria Teresa Ortoleva

By CRAMUM

[fblike][margin10]

Maria Teresa Ortoleva, 2° classificata del premio Cramum 2018, vince il premio speciale “Ventura Projects for Cramum”

A Maria Teresa Ortoleva (classe 1990) Ventura Projects ha deciso di attribuire il proprio Premio Speciale “Ventura Projects for Cramum” all’interno del Premio Cramum 2018, vinto da Andreas Senoner. Grazie a Ventura Projects Maria Teresa Ortoleva avrà quindi la possibilità di essere tra i protagonisti dell’edizione del Fuori Salone di Milano nel 2019 o nel 2020.

Il premio speciale “Ventura Projects for Cramum” è stato attribuito da Ventura Projects a Maria Teresa Ortoleva per l’innovazione e la trasversalità dell’opera presentata al  6° premio CRAMUM. L’opera – site-specific e visibile a Villa Bagatti Valsecchi all’interno della mostra “Avevo 20 anni” sino al 30 settembre – si intitola “DREAM IS THE GAP BETWEEN WHAT WE KNOW AND WHAT WE SEE. Con tale opera Maria Teresa Ortoleva rielabora frammenti di tracciati degli elettroencefalogrammi presi durante la fase del sogno, del trasognamento, della reminiscenza e della fantasia. Nascono così sagome di plexiglass trasparente, fluorescente e ri flettente, che, appesi, riflettono e ridefiniscono luoghi reali. Nella dicotomia tra il potenziale sentito e la frammentarieta percepita, l’opera pone l’accento sul ruolo e le possibilità per l’essere umano del sogno, della fantasia e dell’immaginazione. Puo quindi la parte ludica dell’esistenza – in contrapposizione al quotidiano agire finalizzato a valori produttivi e consumistici – fornirci un reale metodo di dissenso, una risorsa conoscitiva inedita e una modalita creativa per intervenire attivamente sul presente?

La comunicazione dell’assegnazione del Premio è stata fatta dal Direttore del Premio Cramum, Sabino Maria Frassà, a chiusura della cerimonia di premiazione il 15 settembre a Villa Bagatti Valsecchi. Ventura Projects era rappresentata in Giuria da Fulvia Ramogida.

AVRO’ SEMPRE VENT’ANNI 1968 – 2018: arte e filosofia ripensano il ’68 e la morte di Lucio Fontana

By CRAMUM, Cultura

[fblike colorscheme=”light”][margin10]

Presentato oggi il nuovo volume CRAMUM “Avrò sempre vent’anni 1968 – 2018”, che riflette sul passare del tempo e sul sul significato di essere giovani oggi a cinquant’anni dai moti studenteschi del 68 e dalla morte di Lucio Fontana. Dal 1968 a oggi la società non sembra esser riuscita a rispondere al disagio giovanile, se non con altra inquietudine e incomprensione. Viviamo così in un loop socio-culturale di crisi di identità, tra non età e non ruoli.  Sembra infatti che a partire da quegli anni sia diventato impossibile rinunciare ad avere vent’anni per tutta la vita.
Ma a quale costo?
Sabino Maria Frassà, che ha curato il volume, ha raccolto le riflessioni di Eugenio Borgna, Raffaella Ferrari, Stefano Ferrari, Sabino Maria Frassà, Chiara Saraceno, Nicla Vassallo e le ha affiancate e integrate con la spiegazione di oltre venti opere di arte contemporanea tratte dalla mostra “Avevo 20 anni” (Villa Bagatti Valsecchi di Varedo dal 15 al 30 settembre). Nel volume si possono quindi ritrovare le opere di artisti provenienti da tutto il mondo: Ivan Barlafante,Yuting Cheng, Alberto di Fabio, Francesco Fossati, Marta Galbusera, Daesung Lee, Giulia Manfredi, Franco Mazzucchelli, RytsMonet, Marcello Morandini,MariaTeresa Ortoleva,Noa Pane,FrancescaPiovesan, Diego Randazzo, Marika Ricchi, Zheng Rong, Andreas Senoner, Rob van den Berg, Maria Wasilewska.

“Avrò sempre vent’anni 1968 – 2018” risulta così essere “un libro illustrato per adulti”, “uno strumento per interrogarsi più che un volume di istruzioni”, così come spiega Sabino Maria Frassà, che l’ha ideato e curato.

Button Text[margin10]


Alcuni estratti dal libro:

La rivoluzione artistica di Lucio Fontana è alla base del volume “Avrò sempre vent’anni 1968 – 2018”. Come scrive Sabino Maria Frassà “L’arte di Fontana è l’emblema di una rivoluzione diversa, in grado di costruire e di andare oltre a ciò che era stato, senza rinnegarlo o distruggerlo… Il suo tagliare la tela – emblema stesso di tutta l’arte precedente – è stato sì una rivoluzione, ma una rivoluzione “genuina”, non spinta da alcun narcisistico intento di piacere, quanto dalla voglia di creare il futuro: “tutti hanno pensato che io volessi distruggere: ma non è vero io ho costruito, non distrutto”. In quei tagli non collassa infatti l’universo, ma passa la luce, l’infinito. Quello che colpisce oggi è che Lucio Fontana sia riuscito in questa rivoluzione in età adulta quasi senile (aveva 58 anni)… Merita infatti ripensare lo stereotipo per cui la creatività e la capacità di rivoluzionare la realtà siano proprie esclusivamente dei giovani e che siano condizionate negativamente dal passare del tempo. Non solo molti studi evidenziano l’infondatezza di tale generalizzazione, ma è facile comprendere come anche una facile intuizione creativa non sia sufficiente a cambiare la realtà. Sembra strano, ma per fare le rivoluzioni ci vuole tempo, altrimenti si corre il rischio di cambiare tutto per non cambiare nulla… Heidegger riteneva che la stabilità privi la presenza del suo carattere essenziale e non avendo – ancora – sconfitto i confini temporali dell’esistenza umana, siamo sicuri che questa smania di presente, di persistere giovani immobili e immutati non ci stia in fondo condannando all’oblio? All’assenza di futuro? Forse vivere l’instabilità determinata dal passare del tempo e il concedersi tempo per nascondersi, pensare, provare e sbagliare in modo autonomo sono la vera perversione rivoluzionaria oggi.”

Chiara Saraceno aggiunge che “Ci troviamo oggi di fronte al paradosso per cui i giovani sono considerati un gruppo di età particolarmente svantaggiato, per il quale la giovinezza sembra costituire un handicap, piuttosto che un vantaggio, nel mercato del lavoro, nell’accesso alle posizioni che contano, ed anche rispetto al riconoscimento delle capacità e competenze. Ma, allo stesso tempo, la giovinezza, idealizzata nei suoi aspetti di vigore fisico, corporeità attraente, competenza (e prima ancora abitudine) tecnologica, unite al ridotto peso delle responsabilità, a livello dell’immaginario è diventata l’età cui si vuole arrivare il prima possibile e rimanere il più a lungo possibile: una sorta di standard – sul piano fisico ma anche comportamentale – da mantenere anche quando si è girata la boa dei quaranta ed oltre”

Stefano Ferrari spiega come l’immagine interna che ognuno ha di sé sia “una sintesi percettiva della memoria o, meglio dell’impressione del nostro volto, la quale però deve assorbire e comprendere anche i contenuti ideali del nostro mondo interno – delle nostre aspettative, delle nostre aspirazioni, ma anche dei nostri timori e delle nostre fragilità. Essa è in realtà il corrispettivo visivo della nostra identità psichica e sociale… Il sessantottino continua a vedersi e sentirsi come tale, e fa certamente più fatica ad adattare l’immagine dei suoi vent’anni, così ricchi e così colorati di ideali, con l’immagine dell’adulto borghese (che magari è diventato), azzimato e ben vestito. “

Eugenio Borgna conclude la riflessione sulle cause della crescente inquietudine giovanile ricordando che “nelle inquietudini adolescenziali, nella loro insorgenza e nelle loro evoluzioni, siamo tutti imbarcati, la emblematica sfolgorante parola pascaliana, e siamo tutti chiamati a prenderne coscienza, e a ricercarne la diversa misura delle nostre responsabilità: quelle dominanti delle famiglie e delle scuole, e quelle che la vita indica a ciascuno di noi. Non è giusto, ed è troppo comodo, scaricare sugli adolescenti le responsabilità che non sono solo loro in un mondo che, in questi ultimi vent’anni, è divenuto sempre più arido, e narcisistico.”

Completano il volume due testi incentrati sui possibili sviluppi. Da un lato Nicla Vassallo esprime il suo pessimismo nel testo non a caso intitolato “Conoscere stanca. Dalla mancata rivoluzione dei giovani del ‘68 alla rivoluzione dell’assenza di conoscenza di oggi”. La filosofa ci invita a riflettere su come la società sia “diventata sempre più edonistica: forse stanchi di secoli di rivoluzione industriale, di stenti e di guerre, il “lavorare stanca” è stato assurto a modello nel suo fraintendimento più becero, secondo il quale si disprezza la conoscenza che non si possiede perché non si ha voglia di faticare per averla.” 

Raffaella Ferrari esprime invece un cauto ottimismo su cosa potranno fare i giovani di oggi “I giovani sono depositari di un istinto della specie non condizionabile volontariamente che lavora sotto traccia e perciò vanno custoditi favorendo la cultura e la formazione di strumenti per affrontare la realtà. Agli adulti perciò il faticoso compito di essere genitori, ovvero di custodire (non di proteggerli a tutti i costi), dedicandosi a loro e testimoniando l’importanza degli affetti e dell’esempio. Le risposte scaturiranno – imprevedibili – come i fiumi carsici – e se nuovi paradigmi di sopravvivenza e sostenibilità saranno prodotti lo si dovrà a questa generazione a cui forse è stato dato proprio il compito della riparazione, della ricostruzione di relazioni e legami più solidali con un rinnovato e consapevole rispetto verso gli altri.”

In copertina Psicomanzie, opera di Giulia Manfredi (2016)