Il 24 agosto 1998 ero tra le persone che aspettavano a Saint-Vincent l’inizio del concerto di Fabrizio De André. Non sapevamo che quel concerto sarebbe stato cancellato di li a pochi minuti e che l’11 gennaio 1999 il nostro Pescatore e Amico Fragile si sarebbe assopito per l’ultima volta a causa di un carcinoma polmonare.
[fblike][margin10]20 anni fa scompariva non solo uno tra i cantautori più famosi in Italia, ma soprattutto veniva a mancare un Amico, uno di quei rari poeti – italiani contemporanei – che con garbo e autocritica ha per tutta la vita consigliato e suggerito riflessioni. Del resto una vita fortunata e ricca di privilegi – anche per nascita – aveva fatto percepire a De André il dovere di fare qualcosa per gli altri. Questo “senso del dovere”, che aveva riversato nello scrivere e cantare canzoni che parlavano dei più sfortunati e “reietti”, si accompagnò per tutta la vita a un forte senso di impotenza, frustrazione e forse anche a un senso di colpa per un mondo caratterizzato da disuguaglianze crescenti.
In fondo capita a tutti di chiedersi se cambiare il mondo con le parole sia possibile.
De André in vita ne dubitò molto, come si evince anche dal senso di frustrazione incluso in Amico Fragile. Ma se pensiamo a posteriori alla vita e carriera artistica di De André e al consenso che ancora oggi riscuotono le sue canzoni, sembra che migliorare il mondo con le parole giuste sia (ancora o finalmente) possibile. Non tutti possono però essere Fabrizio De André; non tutti hanno quella mirabile capacità di sintesi e di ritrarre con poche parole la complessità del mondo che ci circonda. A noi – comuni mortali – l’onere di provarci e se non ci riusciamo possiamo sempre ricordare agli altri le parole di Fabrizio De André.
In occasione di questo anniversario vi proponiamo perciò alcuni passaggi dalle canzoni con i quali De André ci ha meglio ricordato quale sia il vero significato di “essere umano” e di sentimenti che sembrano oggi un po’ sopiti, quali compassione, empatia, generosità e altruismo. In fondo se De André ci ha lasciato un’eredità non è quella di aver “cantato” un periodo storico, ma quella di farci ancora oggi riflettere sul “dovere” – e non sulla “possibilità” – di pensare sempre – e non un’ora al mese – a quell’amico fragile che è in ogni essere umano … anche in noi.
Da Il Pescatore, 1968
All’ombra dell’ultimo sole
S’era assopito un pescatore
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso
Venne alla spiaggia un assassino
Due occhi grandi da bambino
Due occhi enormi di paura
Eran gli specchi di un’avventura
E chiese al vecchio “dammi il pane
Ho poco tempo e troppa fame”
E chiese al vecchio “dammi il vino
Ho sete e sono un assassino
“Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva “ho sete, ho fame”
Da Amico fragile, 1975
“Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d’attenzione e d’amore
troppo, “Se mi vuoi bene piangi “
per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo “Mi ricordo”:
per osservarvi affittare un chilo d’erba
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.”
Sabino Maria Frassà. Milano, 9 gennaio 2019