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“Tell me your name” la nuova opera di Lorenzo Marini nella Metropolitana di Milano dura solo 15 giorni

By CRAMUM

Lorenzo Marini ha arricchito il progetto di arte pubblica “Dynamictype” con la performance “Tell me Your Name” (Dimmi il tuo nome) realizzata venerdì 22 maggio all’interno della metropolita di Milano, fermata Duomo.  La performance è stata organizzata grazie alla collaborazione con IGPDecaux, al curatore Sabino Maria Frassà e al progetto Cramum della Fondazione Cure Onlus.

L’artista spiega così la sua performance (vedi video): “Mi sono chiesto in un momento in cui siamo tutti così precari: quanto tempo può durare un’opera d’arte? Senz’altro non secoli e non decenni. Solo pochi giorni. Così ho progettato un’opera non vendibile, che sapevo sarebbe durata solo 15 giorni. Questo è infatti il tempo predefinito della durata di questo tipo di manifesti, solitamente utilizzati per fini commerciali”. L’opera sarà quindi visibile fino a venerdì 5 giugno nella metropolitana di Milano, fermata Duomo, linea Rossa, direzione Rho Fiera.

“Complice anche una diretta lunghissima e molto partecipata sui canali instagram di Cramum, il risultato di “Tell Me Your Name” non è stato solo l’essere un’opera transitoria e non commerciale, ma soprattutto il riuscire a creare empatia anche a distanza di sicurezza. Questa performance è quindi un’opera corale che ha cercato di colmare la distanza di sicurezza che dobbiamo mantenere con senso di appartenenza. Le persone sui social ringraziavano e commentavano con entusiasmo. E’ stato un momento emozionante per tutti”. Afferma il curatore Sabino Maria Frassà.

Come si è svolta la performance? Scrivendo con i pastelli a olio e pastelli a cera su uno dei 250 poster cartacei della metropolitana, Marini ha celebrato i singoli nomi delle persone che stanno facendo rivivere le nostre città. Nel rispetto delle distanza di sicurezza e con le mascherine (tolta solo dall’artista per uno scatto in solitaria davanti all’opera ultimata) i nomi sono stati indicati all’artista dai passeggeri della metropolitana, dai passanti e dalle persone che hanno assistito da tutto il mondo alla performance attraverso la diretta sui canali social di Cramum.
Dando così un’identità precisa ai suoi type e conferendo un’interpretazione per la prima volta associata alle persone (e non alle cose), Marini ha invitato a usare l’opera d’arte come una bacheca dove ognuno possa scrivere il suo nome. “L’idea di evidenziare ciò che una lettera suggerisce è l’esatto contrario di lavori di altri noti artisti che hanno voluto cancellare ciò che era scritto. Penso al contrario che l’arte contemporanea debba essere un dare qualcosa in più, condivisione ed empatia.” Conclude Lorenzo Marini.

Alberto Di Fabio riapre la stagione dell’arte del Gaggenau DesignElementi di Roma

By CRAMUM

Uno degli spazi del nuovo Gaggenau DesignElementi di Roma con in mostra le opere di Alberto Di Fabio.

Fino al 15 luglio le opere di Alberto Di Fabio saranno protagoniste della riapertura al pubblico del Gaggenau DesignElementi di Roma, appena inaugurato.

Dopo il successo di pubblico e critica, il progetto arte-design Cramum-Gaggenau cresce e si estende da Milano a Roma. Il nuovo spazio per il design, l’arte e la cultura promosso dallo storico brand del design di lusso tedesco nasce dalla collaborazione con DesignElementi, con l’architetto Alessandro Dal Monte (Studio Loop Design) e con il curatore Sabino Maria Frassà, direttore artistico di Cramum. L’intento è stato quello di ricreare un’atmosfera domestica e accogliente, ma allo stesso tempo esclusiva ed elegante, valorizzata da opere di grandi Maestri dell’arte italiana, che cambieranno ogni sei mesi.

 

Neurone Campo Magnetico Fotoni, Alberto Di Fabio, 2013, 60×60, da Gaggenau DesignElementi a Roma

Per l’apertura Frassà ha selezionato quattro opere “esemplari” della concezione dell’arte di Alberto Di Fabio, il quale commenta così la sua adesione: “l’arte per me è una forma di preghiera universale, che sublima ed eleva l’uomo al di là dei propri limiti materiali. Oggi più che mai l’arte e il bello in ogni direzione sono quegli elementi che possono sostenerci e permettere di ripartire. Sono perciò felice che le mie opere siano state selezionate dopo la mostra milanese “Trascendenza” anche per questo spazio che promuove il bello nella mia città, Roma”.

Riguardo alla selezione delle opere il curatore spiega che “abbiamo voluto ricreare una casa ideale, che tutti vorremmo possedere, animata da armonia, funzionalità e bello. Alberto Di Fabio e la potenza della poesia mistico-universale delle sue opere completano in modo quasi naturale questo spazio”.

Lo spazio è aperto al pubblico su appuntamento in Lungotevere de’ Cenci 4, Roma dal lunedì al venerdì (10.30 -13.00 / 15.30- 18.00). Per appuntamenti: E-mail: gaggenau.roma@designelementi.it | Telefono: +39 06 39743229 | +39 371 1733120
Per informazioni sulle opere infocramum@gmail.com

foto ©francescapiovesan

 

#Nonsiamosoli – Cramum racconta sui social i Maestri del passato travolti come noi dalle epidemie

By CRAMUM

Il neoplasticismo di Mondrian maturò dopo che l’artista riuscì a sopravvivere alla pandemia spagnola nel 1918.

Tanti Maestri dell’arte hanno vissuto nel passato epidemie simili e peggiori a quella che stiamo vivendo oggi: da Tiziano con la Peste, a Munch con la Spagnola, alla più recente e mortale pandemia da AIDS. Questa l’intuizione di Sabino Maria Frassà, direttore artistico di Cramum che ha deciso con il Progetto #nonsiamosoli di raccontare sui social ogni giorno in modo semplice, veloce e costante le storie che si celano dietro ai grandi capolavori dell’arte nati/ideati e/o conseguenza delle grandi epidemie, non solo del passato.

Molti artisti raccontati purtroppo non ce l’hanno fatta (Schiele, Klimt, Apollinaire) ma ci hanno lasciato dei capolavori, come ad esempio l’opera “La Famiglia” in cui Schiele si ritrae prima di morire la moglie – vittima dell’epidemia – insieme al loro bimbo mai nato. Numerose però sono anche le storie degli artisti sopravvissuti all’epidemia che hanno cambiato vita e stile come Mondrian, O’Keeffe o Munch. L’esperimento è piaciuto, i follower crescono (oggi 17.000 crescono) e tantissimi sono le condivisioni, i commenti e le richieste di approfondimenti: “Le persone hanno bisogno di storie e di avere contatti” dice Frassà, che aggiunge: “siamo impegnati da anni nel promuovere arte e cultura e ho pensato che farsi assalire dall’angoscia fosse non solo sciocco, ma controproducente. Chi ha la fortuna e possibilità di avere un impatto sui social, che sono una delle poche forse di contatto tra le persone in quarantena, deve essere oggi più che mai responsabile e veicolare messaggi ponderati. Il nostro messaggio è semplice “siamo in un momento difficile, ma prima o poi ne usciremo e saremo forse anche migliori, come ce lo insegna anche la storia dell’arte: tanti dei capolavori che ammiriamo oggi sono frutto ad esempio della terribile epidemia Spagnola”. Non vogliamo negare la realtà, ma vivere insieme una giusta e responsabile paura, condividere l’esempio e le storie – anche di chi non ce l’ha fatta – del passato. Cogliamo poi l’occasione per far conoscere aspetti meno noti ma fondamentali per comprendere meglio artisti “famosi”, spesso banalizzati: dalla svolta del plasticismo di Mondrian arrivata dopo l’esser sopravvissuto alla Spagnola, a quella dell’astrazione di O’Keeffe, agli ultimi esperimenti espressionisti di Klimt”.

Infine tra le storie raccontate da Cramum spazio anche all’attuale pandemia raccontata dall’opera C19SH ideata da Lorenzo Marini in quarantena a Milano.

Aspettando di tornare a parlare delle mostre promosse da Cramum, l’appuntamento è ogni giorno sui canali social di cramum:
Instagram: https://www.instagram.com/cramum/
Facebook: https://www.facebook.com/cramum/

I Mandala di Alberto Di Fabio in quarantena sono i girasoli di Van Gogh ai tempi del Coronavirus

By CRAMUM

Il progetto non-profit all’interno del progetto “Non siamo soli” oggi racconta le ultime opere di Alberto Di Fabio nate durante la quarantena che l’artista sta trascorrendo a Roma. Sabino Maria Frassà, curatore che collabora con l’artista da diversi anni, ha avuto la possibilità di essere tra i primi a fare una studio-visit a distanza nel nuovo “studio” dell’artista e di raccontare le sue ultime opere, intitolate “Mandala”:

Alberto Di Fabio ritratto da @skinoricci

<<Alberto Di Fabio si è rifugiato nel suo mondo artistico per fuggire al coronavirus e alle paure: l’artista che ha stregato il mondo dell’arte con i suoi grandi capolavori, con pareti e stanze immense, si è rifugiato nel “piccolo”, costruendo un mondo lillupuziano, fatto di geniali “teatrini” animati dai lego dei figli, da chiodi e mascherine che altro non sono che progetti per futuri e possibili wall-painting.
In questa atmosfera giocosa onirica e favoleggiante, quello che colpisce il visitatore virtuale sono senz’altro i nuovi Mandala. Come in parte visto nella recente mostra ospitata dalla Galleria Luca Tommasi si tratta dell’ultima evoluzione alla quale l’artista lavora da diversi mesi. Queste opere più fluide e meno materiche possono apparire completamente diverse dalle precedenti in mostra a New York (alla GR Gallery) e a Roma (da Gaggenau Design Elementi).

 

Dobbiamo però conoscere la genesi di queste opere-Mandala per comprenderne l’estrema coerenza e il grande valore: l’arte di Alberto Di Fabio sembra spesso espressione eterea di pura gioia, ma è il risultato di una forte inquietudine e tensione alla perfezione che trova proprio nel gesto creativo catarsi e risoluzione. L’artista, da me intervistato poche settimane fa, descriveva le sue opere come preghiere universali per il Mondo che verrà, aggiungendo che ciò che vorrebbe lasciare ai posteri sarebbe un “grande libro” che spieghi il suo pensiero. Possiamo perciò interpretare questi Mandala come l’apice della profonda ricerca di elevazione e trascendenza che accompagna Alberto Di Fabio sin dai tempi – anni ’90 – delle iconiche montagne dipinte su carte cinesi stampate con mantra.

 

Alberto Di Fabio si è rifugiato nel suo mondo artistico per fuggire al coronavirus e alle paure: l’artista che ha stregato il mondo dell’arte con i suoi grandi capolavori, con pareti e stanze immense, si è rifugiato nel “piccolo”, costruendo un mondo lillupuziano, fatto di geniali “teatrini” animati dai lego dei figli, da chiodi e mascherine che altro non sono che progetti per futuri e possibili wall-painting“. Sabino Maria Frassà

In queste nuove opere l’artista riesce a sintetizzare e far coesistere in modo sincretico diversi elementi e riferimenti religiosi, spirituali e artistici a lui cari: se da un lato recupera la dimensione rituale dei geometrici mandala induisti, è innegabile il forte riferimento ai mandala buddisti in cui è rappresentato l’Universo nella sua complessità, sintesi di periferia e centro, di quegli elementi che solo apparentemente ci sembrano “opposti”. Inoltre la compulsione nel rappresentarli diventa essa stessa preghiera, distacco dalla realtà, un rituale non tanto performativo quanto salvifico volto a giungere, comprendere e raffigurare l’essenza della realtà. In fondo la parola stessa mandala può significare secondo alcune interpretazioni “raccogliere l’essenza”.  Non stupisce perciò che tale passo in avanti nella ricerca artistica e personale dell’artista giunga in queste settimane così difficili per tutti noi: Alberto Di Fabio ha avuto modo e tempo tempo per riflettere e meditare su come ripartire e/o andare avanti.

 

Alberto è riuscito quindi a trovare la sua dimensione e a convertire la stasi della quarantena in una fase propedeutica e necessaria al proprio futuro artistico. Chi lo conosce di persona sa che è una persona tanto dinamica quanto socievole: lontano dal suo Studio con la compagnia dei figli e del gatto Cocco è riuscito con resilienza a trasformare casa sua e il garage in studi d’artista, ai quali ha invitato i suoi amici a fargli visita con call, web e qualsiasi mezzo virus-free. La storia di queste opere e della loro genesi mi ha fatto venire in mente i noti girasoli dell’artista olandese: a ben pensarci i mandala di Alberto Di Fabio sono i girasoli di Van Gogh ai tempi del coronavirus. I girasoli sono il fiore del sole, un mandala vivente, che racchiude in sé la perfezione e la complessità dell’universo. Come Van Gogh nel 1988, Alberto si è ritrovato in bilico tra il volere/dover viver in solitudine e la voglia di comunicare e socializzare: non tutti sanno che la maggior parte delle tele con i girasoli costituirono un momento di catarsi per Van Gogh che li dipinse nella casa gialla di Arles nel breve periodo di felicità ritrovata dopo tanta solitudine, quando l’amatissimo amico e artista Gauguin gli fece visita e visse – in povertà – con lui. Allo stesso modo i mandala di Alberto Di Fabio rappresentano una felicità ritrovata, il segno che l’arte può trasformare le costrizioni fisiche – oggi conseguenti al coronavirus – in sublimazione dell’anima, in occasione per liberare la propria arte da qualsiasi limitazione. La vera essenza rappresentata dai mandala di Alberto Di Fabio è forse questa: nonostante tutto l’arte come l’universo non possono e non devono avere confini.>>

 

In copertina Mandala, Alberto Di Fabio, 2020, acrilico su carta, 30×45 cm. Opera realizzata durante la quarantena per Covid19 a Roma.

 

Gallery delle opere di Alberto Di Fabio oggi in mostra nel mondo: Gaggenau DesignElementi (Roma), New York (GR Gallery)

 

Gallery con le opere del ciclo Mandala di Alberto Di Fabio

 

Gallery con i “Teatrini”/Studi per wall-painting

Una grande opera pubblica di Lorenzo Marini celebra le città che cominciano a rivivere dopo il Coronavirus

By CRAMUM

Cramum è felice di condividere la notizia dell’avvio da lunedì 18 maggio della grande opera pubblica dell’artista Lorenzo Marini “L’arte ti dà il bentornato in città” che animerà in questa Fase2 tram e pensiline dei mezzi pubblici di Milano, Roma, Firenze e Torino. L’opera è resa possibile grazie alla partnership con IGPDecaux, azienda leader della comunicazione esterna.  Lorenzo Marini, impegnato in una mostra personale “Out of Words”, pronta per riaprire da Gaggenau DesignElementi Hub, ha così voluto celebrare celebrare le città che ricominciano a vivere dopo il coronavirus e la bellezza, la gioia e la felicità del ritrovarsi nuovamente insieme.

“E’ tempo di pensare al bello. Musei e gallerie sono stati chiusi per mesi e ora potranno accogliere poche persone contingentate. E’ quindi tempo di far rivivere l’arte portandola vicino alle persone, per lasciare
il suo ruolo isolazionista ed esclusivo e iniziare a parlare il linguaggio della nostra vita stessa.
” commenta l’artista. Un linguaggio che è in relazione con la nostra quotidianità e che intende dar voce alla città rimasta per troppo tempo in silenzio”.

Sabino Maria Frassà curatore dell’installazione ne spiega così il senso: “L’obiettivo dell’artista è semplicemente – e non è cosa da poco – condividere bellezza, gioia e colore in settimane di passaggio in cui saremo ancora responsabilmente a distanza di sicurezza. Del resto questa grande opera sociale arriva dopo l’esito “social” – allora inaspettato – dell’installazione AlphaCube, che a Venezia come a Los Angeles divenne catalizzatore di socializzazione e luogo ideale per selfie divertenti, al di là dello stesso messaggio che l’artista voleva veicolare, ovvero la perdita di senso della scrittura. In questa nuova installazione “L’arte ti dà il bentornato in città” tale esito di socializzazione – prima solo involontario – diventa il motore stesso dell’opera d’arte, ideata proprio per suscitare un sorriso e un bel ricordo in chi la incontra e incrocia per strada. “L’arte ti dà il bentornato in città” è veramente un dono, ma anche un momento di catarsi anche personale dell’artista: in quest’opera è palese come l’artista abbia dato libero sfogo a settimane di costrizione e reclusione, recuperando colori, luce e voglia di sognare e far “cose grandi”. Come i suoi amati artisti futuristi, complice il rumore di una città che riprende a vivere e sferragliare, quest’opera in movimento, che ammireremo nelle nostre città, ci parla di rinascita, di città che salgono … ancora, di nuovo e meglio di prima”.

Lutto nell’arte. Il coronavirus si porta via anche Germano Celant

By CRAMUM

Lutto nel mondo dell’arte. Germano Celant è morto oggi a Milano all’età di ottant’anni vittima del coronavirus. Era ricoverato da alcune settimane all’ospedale San Raffaele.

Critico d’artico e curatore si è imposto nel panorama dell’arte a livello internazionale per la lungimiranza e per aver coniato la definizione di “arte povera”. E’ stato così tra i massimi ambasciatori dell’arte contemporanea italiana nel mondo nel dopoguerra. Fondamentale per tutti gli studiosi il suo testo del 1970 Conceptual Art, Arte Povera, Land Art in cui scriveva descriveva l’arte povera come una “nuova dimensione progettuale che mira ad intendere lo spazio dell’immagine, non più come contenitore ma come campo di forze spazio-visuali”. Tra le tantissime mostre curate da Celant ricordiamo quella del 1994 per il Guggenheim di New York “Italian Metamorphosis 1943-1968”.

Quarantine, coronavirus and art in the new performance The Synonym of Why by the Italian-Israeli artist Flora Deborah

By CRAMUM

A mature work that illustrates how the saying ‘Per aspera ad astra’ can often apply to art: Flora Deborah tackles the extreme conditions we are all living in through a stark, poignant and intense artistic performance in search of our most intimate identity, to find out who we really are in order to be truly ‘free’.” Sabino Maria Frassà

“The Synonym of Why” (original name in Italian (Il sinonimo di perché) is the last performance by the Italian-Israeli artist Flora Deborah, who was shortlisted for the Premio Cramum in 2016. The quarantine and the somewhat extreme conditions we are living in are the underlying themes of this – still ongoing – performance started by the artist when she returned to Milan at the beginning of March, catching the very last flight from Tel Aviv where she has been living for several years, in order to be close to her family during the coronavirus quarantine.

FLORA DEBORAH (b. 1984, France) lives and works in Tel Aviv and Milan. She has studied at the Bezalel Academy of the Arts in Jerusalem and the University of the Arts London. Her works investigate human and non-human perception of roots and the meaning behind the idea of identity and its connection with non geographical specificities. Flora Deborah’s work spans a range of media, including sculpture, video and installations. She has exhibited in Italy, the United Kingdom and Israel. She was shortlisted for the Cramum Prize in 2016, and presented her work in the exhibition Una stanza tutta per me (A room of my own), curated by Sabino Maria Frassà, sponsored by Cramum and Ventura Projects for Design Week 2019.

The work of this artist usually involves a fusion of sculpture and performance, but in Milan she found herself with neither materials nor media. In the words of the curator Sabino Maria Frassà, who was fortunate enough to be the first to discover this work: “After her installation I’m too old to float, presented by Ventura Centrale last year as part of the exhibition Una stanza tutta per me (A room of my own), Flora Deborah once again reflects on our identity. Il sinonimo di perché (The synonym of why) is a coherent and mature work that shows how the saying ‘Per aspera ad astra’ can often apply to art, where Flora Deborah reacts to the extreme conditions we are all living in through a stark, poignant and intense artistic performance in search of our most intimate identity, to find out who we really are in order to be truly ‘free’. In this work, she has stripped away all the frills, leaving a bare, enigmatic essence, with stirring references as much to life – the egg – as to hospitals – the tubes – and death – salt. For several weeks now, the artist has been reflecting through gestures upon what is truly important in life. The answer is not so easy to find as it means searching for that synonym, that sometimes unattainable essence, based on a reflection upon our own family and all those identity-building bonds that create our fragile ‘Self’.”

The performance is now drawing to a close with a composition of egg-shaped calligrams written in the artist’s languages – English, Italian, French and Hebrew – which combine to form a personal and familiar vocabulary. These poems are just the last link in the chain, pondering over an ongoing performance that opened with the artist separating the vital elements of the egg – the symbol of life and of the generative mystery. She then treated these elements in order to preserve them, because at a time like this nothing can be wasted: she cured the nucleus (yolk) with salt, using a traditional food preservation technique, and placed the albumen inside sealed plastic tubes. Once separated and treated, the artist put these elements back together by blowing the previously preserved albumen around the cured yolk. In Frassà’s words, once again: “The result is a new, impossible life, a creation that seeks to return to the original state but is something different. Ultimately, Il sinonimo di perché (The Synonim of Why) is a portrayal of who we are and who we will be, once the drama of this pandemic is over: ‘Will we, as always in life, be ourselves but different; will we put the pieces back together again and smooth the sharp edges, transforming ourselves and becoming something different, something better?’ the artist seems to be asking herself .”

“Ciao e grazie Lucio” l’opera di Lorenzo Marini omaggia il Maestro Del Pezzo recentemente scomparso

By CRAMUM

Una delle celebri opere “Casellario” di Lucio del Pezzo

Il noto artista Lucio Del Pezzo ci ha lasciato a 86 anni: aveva esordito nell’avanguardia napoletana Gruppo 58 ed si era trasferito a Milano in modo permanente dopo un lungo soggiorno a Parigi. L’apice del suo successo – anche commerciale – arriva tra gli anni ’60 e ’70 con i noti casellari in cui l’artista inserisce elementi geometrici che ricordano oggetti di consumo (uova, ventagli, orologi, ma anche manichini, bocce e guanti). Noto per il piglio ironico e per l’inserimento nelle sue opere di oggetti di tutti i giorni, è stato da molti anche accostato alla corrente della Pop Art. Cramum lo ricorda con un’opera realizzata come omaggio da Lorenzo Marini, che come spiega il curatore Sabino Maria Frassà “non ha mai celato l’amore nei suoi confronti e la profonda affinità di intenti tra comune ironia e critica al consumismo e alla mercificazione dell’arte. Interessante e apprezzabile in questo omaggio l’innesto sui monocromi grigi, che hanno reso celebre Del Pezzo, delle lettere di Marini, per l’occasione ricomposte nelle parole leggibili: “CIAO E GRAZIE LUCIO”.

Pasqua, arte e coronavirus nell’ultima performance “Il sinonimo di perché” di Flora Deborah

By CRAMUM

Per Pasqua è sembrato naturale raccontare “Il sinonimo di perché” opera dell’artista italo-israeliana Flora Deborah, già finalista del Premio Cramum nel 2016.

La quarantena e le condizioni in qualche misura estreme che stiamo vivendo sono alla base di questa performance – ancora in essere – avviata dall’artista quando a inizio marzo è ritornata a Milano con l’ultimo aereo possibile da Tel Aviv – dove vive da alcuni anni – per stare vicino alla propria famiglia durante la quarantena da coronavirus.

Solitamente il lavoro di questa artista unisce la scultura alla performance, ma a Milano si è ritrovata senza né materiali né mezzi. Come ha sottolineato il curatore Sabino Maria Frassà, che per primo ha avuto la fortuna e modo di conoscere questo lavoro: <<Flora Deborah dopo l’installazione “I’m too old to float” presentata l’anno scorso da Ventura Centrale nella mostra “Una stanza tutta per me”, torna a riflettere sulla nostra identità. “Il sinonimo di perché” è un lavoro coerente e maturo che dimostra come nell’arte spesso valga il detto per aspera ad astra: Flora Deborah reagisce infatti alla condizione estrema che stiamo tutti vivendo attraverso una performance artistica povera, aspra e intensa alla ricerca della nostra più intima identità, di chi siamo realmente, per poter poi essere veramente “liberi”. In questo lavoro si è liberata di ogni orpello e rimane un’essenza enigmatica, scarna che colpisce lo stomaco con riferimenti tanto alla vita – l’uovo – quanto agli ospedali – tubi – e alla morte – il sale. L’artista da settimane sta così portando avanti una riflessione per gesti su cosa sia importante nella vita. La risposta non è così semplice perché significa ricercare quel sinonimo, quell’essenza a volte irraggiungibile, partendo da una riflessione sulla propria famiglia e su tutti quei legami identitari che costruiscono il nostro fragile “io”>>.

La performance si sta concludendo con la composizione di calligrammi a forma di uova scritti nelle lingue dell’artista: inglese, italiano, francese ed ebraico che si fondono in un lessico personale e familiare. Queste poesie sono solo l’ultimo tassello, la ponderazione di una performance on-going avviata dall’artista dalla separazione degli gli elementi vitali dell’uovo, simbolo di vita e del mistero generativo. Tali elementi sono poi stati lavorati al fine di essere conservati, perché nulla in un momento come questo può essere sprecato: il nucleo (tuorlo) è stato lavorato con il sale, riprendendo vecchie tradizioni per la conservazione dei cibi, e l’albume messo in tubi di plastica sigillati. Una volta separati e trasformati l’artista ha ricomposto questi elementi soffiando intorno al tuorlo essiccato l’albume prima conservato. Come nota ancora Frassà <<Il risultato è una nuova impossibile vita, una “creazione” che cerca di tornare all’origine ma è qualcosa di diverso. “Il sinonimo di perché” in fondo è un ritratto di chi siamo noi, di chi saremo una volta finito questo dramma della pandemia: saremo, come sempre nella vita, noi stessi ma diversi, ricomporremo i cocci e le asperità, trasformandoci per essere qualcosa di diverso… “migliore” sembra chiedersi l’artista>>.

L’arte ai tempi del coronavirus. L’ultima opera di Lorenzo Marini “C19SH” racconta la resilienza di Milano

By CRAMUM

Cramum ha deciso di condividere la storia dell’opera C19SH (Coronavirus19 Stay Home) che Lorenzo Marini ha appena completato,  ritenendola simbolo della forte resilienza diffusa che Milano e l’Italia stanno dimostrando. Crediamo quindi sia vero che Milano non si ferma: anche se rimaniamo chiusi nelle nostre case, tutti combattiamo il coronavirus, cercando di continuare a viver al meglio il nostro tempo senza “farci vivere” dalla malattia.

Lorenzo Marini, artista globetrotter, si trova dal 9 marzo, di rientro da Parigi, bloccato a Milano nel suo appartamento/studio. Ha con sé solo le opere non incluse nella mostra appena inaugurata da Gaggenau Hub “Out of Words”. Pochi i mezzi, ma tanta la voglia di continuare a vivere, lavorare e raccontare quello che sta accadendo e provando.

L’artista vede in quel #iorestoacasa l’unico modo possibile per resistere al C19 (coronavirus), ma ci invita a resistere e a continuare a vivere. In C19SH (C19 STAY HOME) Lorenzo Marini rielabora una “vecchia” opera degli AlphaType (npn selezionata per la mostra milanese e perciò in Studio) e decide di modificarla, ricostruendo un alfabeto in cui ogni lettera è collegata a un’immagine e/o a una parola, che rappresentano un elemento della vita ai tempi del coronavirus.

Le uniche scritte in rosso, da cui deriva anche il titolo dell’opera, indicano le idee urgenti che affollano la nostra mente, ma anche la comunicazione e il nostro linguaggio, cos’ stravolto da quello che stiamo vivendo: l’artista aggiunge alla “C” il numero 19 dal nome del virus (Covid 19), la H diventa “home” e la S di Stay.
Gli altri interventi in bianco e nero rappresentano invece le riflessioni più ponderate: la “L” che l’artista rappresentava nell’opera originale con una pistola, per la somiglianza di forme, viene affiancata dalla parola “libertà”: la libertà, che torna nell’alfabeto due volte – anche nella F di Freedom – è l’elemento centrale della nostra battaglia. Viviamo tutti in una libertà armata, reggimentata, che dobbiamo difendere dal virus e dall’idea stessa di emergenza. Lorenzo Marini non rinuncia però a raccontarci anche in questo inedito alfabeto “intimo” e familiare ciò che più gli manca perché non si può più fare: dalla B di bacio/bocca, all’ “enjoy food” della U di ugola. L’opera finisce con un’augurio “The End”.

Non ci resta quindi che continuare a sperare che arrivi presto la fine di questo C19SM – C19 STAY HOME.
#IORESTOACASA = #IORESISTO = #MILANONONSIFERMA

Sabino Maria Frassà per Cramum