Nel contesto di Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 presso il Palazzo Martinengo Cesaresco (Via Musei 30, Brescia) è aperta fino al 3 settembre la mostra Spellbound doppia personale di due artisti bresciani Maurizio Donzelli e Paola Pezzi.
La mostra si inserisce all’interno del progetto Una Generazione di Mezzo che nasce con l’intento di riportare in città artisti bresciani nati nella seconda metà del XX secolo, la cui ricerca è nota a livello nazionale e internazionale dedicando loro preziose mostre e pubblicazioni monografiche nella prestigiosa cornice di Palazzo Martinengo Cesaresco: un modo per dimostrare che il detto “nemo propheta in patria” a Brescia non è vero e che la città sa riconoscere i propri talenti artistici con progetti culturali di grande valore. A completare il progetto, la presenza di curatori non bresciani e con i quali gli artisti dialogano per la prima volta, per portare in città voci critiche capaci di creare nuove sinergie.
Ogni mostra è accompagnata da una preziosa monografia, realizzata grazie al supporto di Fondazione Brescia Musei, sostenuta dai fondi nell’ambito del lascito di Bruno Romeda per la valorizzazione degli artisti contemporanei ed edita da Skira, che analizza in maniera completa l’intera produzione di questi artisti, fornendo oltre che un’occasione di approfondimento per appassionati anche uno strumento scientifico per studiosi.
Spellbound, “incantato”, “ammaliato”: con questo termine, utilizzato da Alfred Hitchcock nel film omonimo del 1945 – in italiano “Io ti salverò” – si fa allusione agli stati psico-emotivi dei due protagonisti, ovvero l’uomo interpretato da Gregory Peck (John Ballantine) affetto da amnesia in seguito ad un trauma e il personaggio della dottoressa Constance Peterson, interpretata da Ingrid Bergman, psicoanalista incantata dall’amore. Un uomo e una donna il cui primo incontro è un evidente colpo di fulmine per entrambi, costruito filmicamente in una sequenza di campi/controcampi molto “magica” e romantica. Con questo termine si vuole così alludere sia a quell’incantamento che il riguardante ha nei confronti dell’opera sia all’incontro tra due artisti che hanno provato a lasciarsi incantare vicendevolmente dalle loro rispettive indagini visuali. Una sequenza di opere che si incastonano e rispecchiano anche fondendosi nel percorso in mostra, chiamando il pubblico a un’immersione visiva intensa e seducendone lo sguardo.
Pezzi è l’alchimista dei materiali: oggetti di uso comune, scarti e rimanenze di materie povere e dimenticate nelle sue mani diventano rigogliosi oggetti plastici che affiorano dalle pareti. Le metamorfosi della materia raccontate dalle sue opere nascono dall’incontro tra la sapienza del gesto manuale, la lentezza della sapiente composizione concettuale e la poetica, ancestrale componente femminile evocata dalla tessitura e dall’intreccio che predominano nella prassi compositiva del suo lavoro. La sua opera potrebbe rappresentare il percorso della materia come gesto e traccia del fare.