Apre oggi, 17 marzo, alla Galleria Massimo Ligreggi di Catania “abbandonarsi ogni tanto è utile”, mostra personale di Fabrice Bernasconi Borzì accompagnata da un testo critico di Elsa Barbieri.
Fino al 28 Aprile 2023 sarà possibile scoprire l’arte di Borzì, artista italo-svizzero, nato a Ginevra nel 1989 e tornato a vivere e lavorare a Catania nel 2018. La mostra è una sorta di viaggio a ritroso, alla ricerca della cultura d’origine, che si esprime nella sua creazione artistica, come anche nella sua personalità, sotto forma di una dualità ricorrente: in lui convivono due attitudini che sempre connotano le sue opere.
Come spiega Elsa Barvieri “one last tango è a tutti gli effetti un’opera autobiografica e collettiva, dalla forte valenza ipnotica e insieme presenza tangibile che dice e testimonia, nell’immediatezza, tutto il senso dell’esistente. È autobiografica perché è, e non potrebbe essere altrimenti, riflesso delle personalità del suo creatore, ed è collettiva perché Bernasconi Borzì se ne distacca lasciando che chiunque, a partire da quell’uomo e quella donna ritratti, possano appropriarsene.”
La mostra si compie nella sala principale della galleria con l’opera one last tango. L’installazione, che è l’ultima a essere stata mostrata in Svizzera e la prima in Italia, si articola in due lame sospese dal soffitto che, con un impianto analogico, vengono attivate dando vita a un movimento, del tutto simile a una danza della durata di 3 minuti, in cui esse si incontrano, si scontrano, si toccano e si allontanano. Due ritratti, di un uomo e di una donna, convivono nella stanza, quasi come spettatori di questa danza che appartiene all’opera. Due lame, due testimoni, due attitudini da cui l’artista, dopo esserne stato il primo spettatore, se ne distacca per dare all’opera un carattere che è insieme autobiografico e collettivo.
Il percorso espositivo si completa con l’esposizione di altre opere, appartenenti a serie che Bernasconi Borzì porta avanti. this could be riproduce situazioni quotidiane su stampe in quadricromia, fungendo anche da configurazioni per installazioni future. antieroi sono sculture, prevalentemente da tavolo, instabili, discrete, inutili e resistenti a qualsiasi forma di evoluzione. E infine un cartello, di quelli che i manifestanti tengono tra le mani, che Bernasconi Borzì è solito realizzare con giochi di parole, talvolta anche autocritici, che qui rimarca che abbandonarsi ogni tanto è utile. Il fare artistico di Bernasconi Borzì emerge qui, e ora, nel suo essere prevalentemente semplice, minimale, impulsivo e paradossale, finanche provocatorio e di matrice dadaista. Egli, come si legge nel testo: «come un moderno Marcel Proust, raccoglie impressioni (…) Con quelle impressioni (…) crea situazioni sovvertendole». Non dunque un semplice spettacolo né un abbandonarsi rassegnato: l’opera tutta di Fabrice Bernasconi Borzì «ci consente un abbandono radicale all’esistenza che apre lo sguardo alla singolarità plurale dell’esistente e ci restituisce a pieno il senso della libertà.