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Nicla Vassallo – Il mio J’Accuse contro l’intollerabile omofobia di Benedetto XVI. Il silenzio è colpevole.

By 28 Giugno 2020Luglio 1st, 2020Cultura

In una giornata, il 17 maggio, contro l’omofobia, stremati come siamo dal Coronavirus, non si può concedere l’ultima parola ad alcuna espressione di odio e discriminazione, tanto meno possiamo tollerale il pensiero omofobo di Papa Benedetto XVI, che contraddice tristemente le recenti aperture del cattolicesimo attraverso l’impegno profuso da Papa Francesco. Ho deciso quindi di scrivere per stimolare quella doverosa contrapposizione e indignazione sociale finora latente, complice la distrazione collettiva causata dalle contingenti fatiche che tutti stiamo affrontando. Ringrazio perciò il Think Tank Ama Nutri Cresci e il direttore Sabino Maria Frassà per aver avuto il coraggio anche questa volta di rivedere, ospitare e trasmettere questa mia riflessione, profondamente meditata.

Il mio “J’Accuse” nasce dalla recente notizia delle parole che il Papa Emerito avrebbe rivolto contro l’omosessualità all’interno della sua ampia biografia – Benedikt XVI- Ein Leben (Benedetto XVI – Una vita) – che giungerà tradotta in italiano nel prossimo autunno. Il succo estremo si può racchiudere in alcune espressioni trapelate sulla stampa: stiamo vivendo “nel pieno della formulazione di un credo anticristiano”, mentre il matrimonio tra persone same-sex costituirebbe una vera e propria minaccia per la Chiesa schiacciata da una pseudo “dittatura mondiale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddicendo le quali si resta esclusi dal consenso sociale di fondo” – da agnostica, da sempre disquisito di matrimonio same-sex civile, non cattolico. Il Papa emerito sostiene anche che “Cento anni fa tutti avrebbero considerato assurdo parlare di un matrimonio omosessuale. Oggi, invece si è scomunicati dalla società se vi si oppone”.

Colpevole è il silenzio: troppe vittime ieri come oggi si contano tra i membri della comunità LGBT: peccatori e condannati da molte religioni, mentalmente malati ancora in troppi Stati nel mondo. Ricordiamoci e ricordiamo che fino a pochi anni fa l’omosessualità era ritenuta una malattia sul piano scientifico: l’omosessualità ha cessato di venir considerata una patologia psichiatrica dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nel 1973, mentre l’OMS lo fece nel 1990.

Il sito della Treccani definisce l’omofobia come “paura dell’omosessualità, sia come timore ossessivo di essere o di scoprirsi omosessuale, sia come atteggiamento di condanna dell’omosessualità”. Secondo la Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa (2006), “l’omofobia si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all’obiezione di coscienza”.

L’omofobia ha spesso trovato terreno fertile nelle cosiddette “famiglie tradizionali”, anche se, come spesso ho sostenuto, questa stessa definizione di “tradizionale” è una fallacia logica. Capita così – ed è buonismo negarlo – che un gay o una lesbica percepisca fin dall’infanzia intorno a sé pregiudizi e atteggiamenti negativi, in forma implicita o esplicita, nei confronti dell’omosessualità: si è illogicamente indotti verso un’identità personale negativa proprio in quanto e solo in quanto omosessuale. Tale processo di distorsione della formazione della personalità risulta tanto più influente in quanto gay e lesbiche crescono spesso senza modelli positivi di riferimento e, nella maggior parte, dei casi senza poter trovare nella famiglia d’origine un adeguato supporto. Le famiglie vanno sostenute perché  – tradizionali o non – sono il centro per lo sviluppo dei futuri adulti. La società deve perciò fornire alle famiglie un sostegno in tale direzione che passa inevitabilmente per una fondamentale integrazione sociale – e non solo più accettazione – dell’omosessualità.

Benedetto XVI, che si scaglia, senza alcun tipo di esitazione etica, contro i leciti diritti (a cui ricordo corrispondono altrettanto doverosi doveri, che mi pare vengano menzione nella sua biografia) delle persone omosessuali, tra cui, quello del riconoscimento legale, sociale e simbolico dell’affettività. Esempio banale: se due etero si baciano per strada sono biasimati da ben pochi, contrariamente avviene per due persone omosessuali. In Italia e in gran parte del Mondo per strada l’etero non subisce discriminazioni nelle proprie manifestazioni emotive/affettive, mentre la persona omosessuale viene spesso ferocemente additata, quale fosse un terrorista al generico e sempre più astratto “decoro”.

Colpevole è anche la tempistica di questa biografia di Benedetto XVI: le sue parole contro le persone omosessuali e i loro diritti faticosamente raggiunti si insinuano subdolamente nelle “interiora” di un lungo percorso di estrema povertà, disperazione, paura, nonché sofferenza mentale, causata della pandemia che ci ha colpito. Si tratta di condizioni estreme che si è visto (pensiamo agli anni ’20) sono state terreno fertile – brutto dovere ricordarlo – proprio nella “sua” Germania e non solo (pensiamo anche all’Italia fascista) per l’affermazione di atroci totalitarismi. Non si dovrà, né potrà mai e poi mai dimenticare l’omocausto (sterminio degli omosessuali) perpetrato dalla Germania e in parte anche dall’Italia. Abbiamo il coraggio di leggere quanto un omosessuale allora perseguitato, Heinz Dörmer, scrisse: “Quanto più spesso e più forte (le SS) ci picchiavano, tanto più aumentava la considerazione per loro. (…) Eravamo considerati (gli omosessuali) una razza infame ed essi potevano fare di noi tutto ciò che volevano. Se uccidevano qualcuno di noi venivano addirittura lodati e noi dovevamo stare a guardare”. Ricordiamoci anche che le scuse per le migliaia di omosessuali deportati, torturati e uccisi sono giunte dalla Germania molto tardi, nel 2002.

E oggi? Ci scandalizzano le parole di un Papa tedesco, parole potenti contro la comunità LGBT? Per quale ragione non dovremmo? Il tacere tale sdegno ha portato in passato a intollerabili camini e porta ancora oggi gli omosessuali a essere ancora perseguitati e persino uccisi nel 40% degli Stati del Mondo.

 

Martin Niemöller, “Prima Vennero”

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari,
e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei,
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.

 

In memoria di Delia Vaccarello Amata, colta e attivista  (Palermo, 7 ottobre 1960 – Palermo, 27 settembre 2019.