Ne parliamo con la dott.sa V. Savasi (scopri chi è) – Ospedale Luigi Sacco di Milano (scopri il Centro)
Revisione Editoriale: S.M. Frassà (scopri chi è)
Combattere l’infezione da HIV rappresenta uno dei goal stabiliti dall’ ONU per i prossimi dieci anni. Questo perché, malgrado negli ultimi 20 anni la ricerca ha cambiato completamente la storia naturale di questa malattia, lo scenario mondiale rimane preoccupante. Alcuni dati significativi (UNAIDS: AIDS Epidemic update, 2012) mostrano chiaramente le dimensioni del problema.
• 6.800 nuove infezioni
• 1.000 bambini muoiono
• 1 uomo muore di AIDS ogni 15 secondi
• Adulti 31.3 milioni
• Donne 15.7 milioni
• Bambini sotto i 15 anni 3 milioni
La corretta risposta medica a questa domanda cosciente della coppia si basa su tre tappe inscindibili:
- una valutazione infettivologica che confermi la stabilità dello stato di controllo della infezione per regime terapeutico, compliance del paziente, assenza di fenomeni di resistenza non altrimenti superabili,
- una valutazione del profilo di fertilità della coppia che consenta di scegliere la strategia riproduttiva più efficace,
- la disponibilità di strutture adeguate e dedicate per risorse materiali e professionali che consentano di fornire alla coppia il regime terapeutico migliore.
Scenari assistenziali nelle coppie con infezioni da HIV
Maschio HIV-1 positivo e donna non infetta
Come prevedibile dai dati epidemiologici nella maggior parte delle coppie sono sierodiscordanti per infezione maschile. Quando i criteri di accetabilità infettivologici sono soddisfatti e il profilo di fertilità di coppia è normale, il trattamento tipico si basa sulla possibilità di eliminare il virus dal seme mediante trattamento in laboratorio, il seme lavato viene controllato con tecniche di biologia molecolare standard per la esclusione della presenza di DNA virale e viene eseguita una inseminazione endouterina, la più semplice ed efficace tra le tecniche di riproduzione medicalmente assistita. L’inquadramento del profilo di fertilità di coppia porta a riscontrare, in una percentuale analoga o superiore a quella della popolazione senza problematiche infettivologiche, condizioni di sterilità o subfertilità cioè almeno in due coppie su dieci. In questi casi le terapie di riproduzione medicalmente assistita sono del tutto simili a quelle fornite a coppie infertili salvo che il particolare trattamento appunto di lavaggio del liquido seminale.
Donna HIV-1 positiva e maschio non infetto
Il problema centrale per la gravidanza in coppie sierodiscordanti per infezione femminile è il rischio di trasmissione al neonato della infezione. Il rischio biologico di infezione osservato agli inizi della infezione da HIV, in assenza di alcun presidio terapeutico era stata stimata intorno al 20%. Il trattamento farmacologico in gravidanza per il controllo della replicazione virale, il parto cesareo elettivo e la profilassi breve neonatale hanno ridotto le possibilità d’infezione da madre HIV positiva al figlio a circa l’1%. Questo rischio è addirittura inferiore al rischio a priori del 2,3% di patologie connatali per la specie umana, è di molto inferiore a quello di gravi complicanze perinatali associate ad altre patologie croniche come le immunopatie, il diabete insulino dipendente, le trombofilie congenite associate.
In funzione del desiderio di gravidanza sarà opportuno modificare eventualmente il profilo terapeutico per allontanare farmaci potenzialmente nocivi alla gestazione
Il concepimento si realizza facilmente se la coppia è fertile, sono infatti sufficienti autoinseminazioni domiciliari che evitano il contatto sessuale, potenziale fonte di contagio. Assistenzialmente semplici sono ovviamente le procedure di inseminazione endouterina, non richiedendo neppure il lavaggio dello sperma.L’allattamento al seno è sconsigliato perché costituisce una potenziale fonte di contagio post-natale.
Entrambi i soggetti HIV positivi
Nelle coppie in cui entrambi i partner sono sieropositivi è possibile, se hanno sempre rapporti protetti, che i due partner siano infettati da ceppi virali con differenti mutazioni. La sovrainfezione può determinare fenomeni di resistenza che devono essere prudenzialmente evitati. Anche in questi casi è opportuna l’eliminazione di leucociti dal plasma seminale mediante trattamento seminale in laboratorio (come per le coppie discordanti) per evitare la trasmissione di un ceppo mutato con maggiori rischi, sia per la donna, sia per il concepito. Le coppie stabili, sierodiscordanti o sieroconcordanti, che desiderano un figlio devono essere indotti a riflettere sul significato del loro progetto di diventare genitori anche di fronte ad un’infezione che può essere controllata, ma non debellata.
Lo scopo principale dell’assistenza riproduttiva è accertare l’assenza di ostacoli al concepimento, ridurre il rischio di contagio per il partner non infetto, il rischio di trasmissione di virus mutato nelle coppie di partner entrambi infetti ed il rischio di trasmissione verticale.
dott.sa V. Savasi (scopri chi è) – Ospedale Luigi Sacco di Milano (scopri il Centro)