Quest’estate per tanti motivi non vado in vacanza. Sarà quindi forse l’invidia, ma resto alquanto perplesso dalla lettura di sempre più notizie riguardanti strutture alberghiere e turistiche inItalia che precludono l’accesso a diverse categorie di utenti. Dopo i recenti casi contro coppie omosessuali, e le tantissime strutture contro cani, gatti e furetti (perché ricordiamoci che ormai la gamma di animali domestici si è ampliata a dismisura), sono arrivati i divieti per bambini e anche per famiglie senza bambini. In questi giorni il divieto si è persino esteso ai lavoratori delle strutture alberghiere (se sei nero in questo albergo non puoi lavorare).
Cosa sta succedendo? L’eco di non troppo passati razzismi suscita in me sempre apprensione. Sì razzismo, perché di questo stiamo parlando: di intolleranza mistificata e resa regola in una società in cui a prevalere da anni è sempre di più la cultura del NO. Non si può però dare colpa unilaterale agli albergatori o a chi accoglie i turisti. L’offerta è quasi sempre generata più che dall’ideologia, dalla domanda, perché il turismo è prima di tutto un motore dell’economia nel nostro Paese. L’offerta si adegua quindi pericolosamente ad una richiesta crescente di esclusione da parte sempre di più ampie fette della società, non capendo che del razzismo e dell’intolleranza siamo tutti vittime e carnefici: siamo tutti “diversi” da qualcun altro e prima o poi siamo tutti minoranza in qualche modo e misura.
Però da minoranza, qualsiasi essa sia, facciamoci anche una sana autoanalisi e autocritica: a volte all’intolleranza – sempre colpevole – prestiamo il fianco, confondendo il diritto all’essere rispettati per ciò che siamo con l’imposizione di ciò che siamo o riteniamo di essere. Essere liberi non può essere sinonimo di prevaricazione, nemmeno in vacanza, dove il meritato riposo e divertimento di ciascuno di noi, non può impedire quello degli altri. A prevalere come sempre dovrebbero essere l’educazione e il buon senso di pulire le feci del proprio cane/animale (sempre, non solo sulla spiaggia), di calmare i bambini invadenti, di non prendere a ombrellonate i bambini che fanno il proprio dovere (giocano), di scegliere spiagge e aree specifiche qualora si vogliano sfogare proprie legittime esigenze pruriginose (siano essere etero – omo – altro sessuali). Inutile criticare, scandalizzarsi e condannare, a ciascuno il buon senso di costruire una sana convivenza anche sotto l’ombrellone, non mandando mai in vacanza né la tolleranza, né l’educazione.
Sabino Maria Frassà, 5 agosto – da Milano