Franco Mazzucchelli è il protagonista del programma a sostegno delle eccellenze artistiche promosso a Roma dal brand tedesco Gaggenau e dal progetto non profit Cramum. Dal 20 luglio al 5 febbraio 2021 il Gaggenau DesignElementi di Roma (Lungotevere de Cenci 4) ospita la mostra “I LOVE MULTIPLE” curata da Sabino Maria Frassà e dedicata al concetto di multiplo nell’arte del maestro dei gonfiabili Franco Mazzucchelli. Si tratta di un tema tanto centrale nella ricerca dell’artista, quanto ancora poco studiato. Condividiamo perciò con piacere il testo critico del curatore.
Per visitare la mostra su appuntamento: +39 06 39743229; +39 371 1733120; gaggenau.roma@designelementi.it; infocramum@gmail.com
MULTIPLI, RIPRODUCIBILITA’ E RIPETIZIONE NELL’ARTE DI FRANCO MAZZUCCHELLI
Testo critico di Sabino Maria Frassà alla Mostra “I LOVE MULTIPLE”
Il concetto di “multiplo” è centrale nella ricerca artistica di Franco Mazzucchelli: se da un lato l’idea di multiplo afferisce al campo della matematica ricorrente in tutta la ricerca di Franco Mazzucchelli, dall’altro è anche il concetto alla base del design contemporaneo, inteso come produzione industriale di manufatti ripetibili in serie, centrale nel corpo di opere denominate “Bieca Decorazione”. Il rapporto con il concetto di “multiplo” attraversa tutta la ricerca artistica di Franco Mazzucchelli dal 1968 a oggi rispecchiando l’ambivalente rapporto dell’artista con il mondo e con il mercato dell’arte. Nella storia dell’uomo è sempre stato possibile in linea teorica ricreare un manufatto identico a un altro, ma è il progresso tecnologico che, a discapito dell’unicità, ha reso realmente possibile la riproducibililtà tecnica anche di manufatti estremamente complessi.
Per comprendere la storia del multiplo all’interno della ricerca artistica di Franco Mazzucchelli, va ricordato come solo nel 1966 arrivi in Italia (con un ritardo di 30 anni) la traduzione del testo fondamentale di Walter Benjamin “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. Per l’arte italiana, già in subbuglio per i moti giovanili, il pensiero del filosofo tedesco fu la miccia per una rivoluzione culturale epocale, che finì per metter in discussione l’arte nelle sue fondamenta: si rifletteva infatti se avesse ancora ragione d’esistere l’arte intesa come insieme eterogeneo di capolavori, pezzi unici irripetibili nel tempo e nello spazio.
Walter Benjamin vedeva nella riproducibilità uno strumento di democratizzazione dell’arte e quindi non la criticava ma anzi l’auspicava come strumento di “mobilitazione” ed “educazione” delle masse. All’opposto molti artisti temevano che l’evoluzione tecnologica avrebbe determinato la perdita dell'”aura” dell’opera d’arte, che sarebbe collassata soppiantata dalle macchine senza più alcuna chiara funzione e collocazione né sociale né culturale.
In tale contesto si colloca la riflessione di Franco Mazzucchelli sui multipli avviatasi a partire dal 1968. Negli anni precedenti aveva cominciato ad abbandonare i suoi gonfiabili in spazi urbani o su spiagge e posti remoti come forma di profonda critica alla mercificazione dell’arte. Di queste “Azioni”, non a caso denominate “Abbandoni”, oggi rimangono solo pochi gonfiabili e un corpo di 120 preziosissime opere documentative1. La continua pratica e sperimentazione nel realizzare lui stesso questi gonfiabili permise all’artista di ideare e registrare il 31 dicembre 1968 due brevetti (uno di invenzione e uno di utilità). In modo coerente alla propria visione del Mondo, Franco Mazzucchelli rinunciò allo sfruttamento commerciale dei due brevetti che divennero essi stessi opere d’arte. Non solo, impiegando i propri brevetti, l’anno seguente l’artista progettò e fece realizzare uno stampo industriale per produrre cento esemplari di un’opera multipla “giocattolo gonfiabile”2. Queste opere d’arte giocattolo non vennero numerate, ma furono completate con le note valvole riportanti il nome dell’artista (impiegate a partire dal 1968). Questi multipli non vennero quindi mai messi in vendita: alcuni vennero regalati, altri esemplari furono persi nelle “azioni” degli anni seguenti, altri ancora rimangono tuttora in una scatola non gonfiati.
Dopo tale operazione, mai tra l’altro fino ad oggi documentata, la continua riflessione sul ruolo del multiplo nell’arte è tra gli elementi che portano l’artista a maturare il vasto corpo di opere denominato “Bieca Decorazione” o “BD”. Se l’arte perde la sua unicità, la sua aura, si piega sempre di più al contesto in cui viene collocata fino a diventare parte addirittura dell’arredo, ovvero diventa “bieca decorazione”. In una recente intervista l’artista si è detto del resto convinto che “qualsiasi opera d’arte, anche quella portatrice del più elevato contenuto ideologico, una volta appesa diventa “decorazione” e assume un significato completamente diverso dall’originale intenzione artistica.”3
Il ruolo ed il valore del manufatto artistico diventano una questione cogente per Mazzucchelli quando alla fine degli anni ’70 le “Azioni” vanno via via scemando. Durante tali interventi socio-ambientali il fatto che i manufatti fossero più o meno simili tra loro non era una questione in sé rilevante dal momento che l’opera d’arte non era costituita dai gonfiabili, che sarebbero stati “abbandonati” “prelevati” o “distrutti”, ma dall’interazione – sempre documentata – tra le persone e i gonfiabili, ovvero tra le persone e il gesto artistico. Tutto cambia quando, terminate le “Azioni”, il manufatto gonfiabile si identifica sempre di più con l’opera d’arte. Sebbene dietro alla tecnologia dei gonfiabili elettrosaldati ci sia un importante lavoro manuale dell’artista, è fattibile riprodurre opere se non identiche, quanto meno molto simili tra loro. Nasce nell’artista un conflitto interiore che matura negli anni tra il piacere di “creare” arte, l’affezione ad alcune forme che ama ripetere e la critica all’oggettualizzazione ed estrema mercificazione dell’opera d’arte. Il passatismo non è mai stato una dimensione propria di Mazzucchelli che ha sempre visto nella tecnologia una potenzialità del proprio estro creativo, ma è innegabile che la critica all’applicazione della tecnologia per il solo profitto – non solo nell’arte – è una costante del suo lavoro4. Dopo il “multiplo” del 1969 negli anni l’idea della riproducibilità rimane così sempre – più o meno esplicitata, più o meno interiorizzata – una costante della ricerca artistica di Franco Mazzucchelli. Pensiamo ad esempio al susseguirsi negli anni di sculture a forma di spirale, coni, cubi, cubisfere declinate in tutte le dimensioni possibili. Lo stesso ragionamento va fatto per i quadri gonfiabili “BD” in cui l’artista ripropone spesso le stesse forme con colori diversi, per indagare e dimostrare come il colore sia in se stesso una “ennesima” dimensione dello spazio.
E’ tra il 2011 e il 2012 però che la riflessione sulla riproducibilità tecnica raggiunge l’apice con la realizzazione del ciclo di opere denominate “Multiplo”: in un momento di scoramento e di profonda repulsione e delusione nei confronti del mondo dell’arte contemporanea, l’artista si chiude per mesi nel suo studio e realizza 3 opere ripetendole ciascuna per 33 volte. Tecnicamente sono tutte opere uniche e non sono multipli, perché a differenza del “gioco multiplo” del 1969 non sono realizzate attraverso uno stampo industriale ma “artigianalmente” dall’artista. La critica, l’ironia e la provocazione sono alla base di questo geniale corpo di opere: non solo il titolo “Multiplo” (anche se in realtà non lo sono), ma anche il numero insolito della finta “tiratura” (33 come gli anni di Cristo), l’etichetta riportante la numerazione progressiva degli esemplari, le finiture industriali (dalla verniciatura metallica agli gli inserti in glicole) e le misure insolite derivanti dal fatto di adattare le opere a delle scatole di cartone che l’artista già possedeva e nelle quali voleva collocare le opere per enfatizzarne l’oggettualizzazione.
Questi mesi di cieco lavoro sono risultati catartici e hanno innescato nell’artista la volontà di metter in moto quei progetti artistici e curatoriali che avrebbero portato il suo lavoro ad essere riscoperto e riletto negli anni seguenti. Oggi Mazzucchelli, forse complice questo meritato anche se tardivo riconoscimento, è un artista che ha riconciliato le tensioni della sua arte, riuscendo infine a risolvere i conflitti ideologici tra arte, multipli e riproducibilità tecnica. Il risultato sono opere più lievi, coraggiosamente decorative e meno ideologiche, che declinano con pieno piacere le amate forme nei diversi colori. L’arte in fondo è frutto anche del vissuto di ogni artista e perciò solo oggi Franco Mazzucchelli può dirci “I LOVE MULTIPLE”.
1 Le opere sono state catalogate ed esposte nel 2017 al Museo del Novecento di Milano all’interno della Mostra “Non ti abbandonerò mai”, curata da Sabino Maria Frassà e Iolanda Ratti
2 Già nel 1967 aveva realizzato un’Azione in una Scuola Montessori di Milano durante la quale aveva “abbandonato” e dato ai bambini perché vi giocassero i prototipi di questi multipli. Di questo intervento rimane un’opera documentativa e pochi gonfiabili, che furono messi inclusi nella mostra del 2017 al Museo del Novecento di Milano.
3 Intervista di Sabino Maria Frassà a Franco Mazzucchelli pubblicata su Small Zine Luglio-Settembre 2020
4 Si pensi al suo noto Abbandono “Catena” intitolato “In fabbrica non si può fare” del 1968.