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Biden, Trump e le donne: i due volti dell’America. Riflessione di Nicla Vassallo

By 11 Novembre 2020Cultura

Ritengo alquanto interessante sottolineare la scelta precisa del nuovo presidente Usa, Joe Biden, di contare sulle donne, donne non giovani (per quel che ci è dato di sapere, la più ‘giovane’ è Susan Rice, 55 anni), non necessariamente bellocce, per nulla con corpo da femme fatale: è così destinato a mutare il concetto stesso di femme fatale, e l’appartenenza al genere donna non avrà più quale icona la femme fatale di turno. Donne di alto profilo, competenti, educate, intelligenti, ben istruite, pensanti, professioniste, ragionanti, sobrie. Le ‘altre’ donne che potrebbero far parte della ‘squadra Biden’: Lael Brainard 58 anni, Elisabeth Warren 71 anni, Sally Yates 60 anni, oltre alla già nominata Rice. Nel disegno di questo scenario d’avanguardia sarebbero presenti ulteriori nomi di donne, quali Keisha Lance 50 anni, Tammy Duckworth 52 anni, Michele Flournoy 59 anni, Amy Klobuchar 60 anni, la giovanissima Alexandria Ocasio-Cortez 31 anni. Invece, si sa di già che Cori Bush, 44 anni, infermiera, madre single, guarita dal Covid-19, sarà la prima donna di colore, deputata per il Missouri.

Joe Biden insieme a Kamala Harris (Photo by OLIVIER DOULIERY/AFP via Getty Images)

Biden prende le nette distanze dall’impostazione del razzista e sessista Donald Trump, l’ex presidente che, tra l’altro, ha definito “un mostro” Kamala Harris, il primo vicepresidente donna dell’intera storia degli States. Di padre giamaicano, madre indiana, sposata con Doug Emhoff. Emhoff avvocato, con due figlie nate dal precedente matrimonio, primo ‘second gentleman’ statunitense, nonché primo ebreo della storia, sempre statunitense, a ricoprire il ruolo di ‘second’ per un presidente o vicepresidente.

Geraldine Ferraro e Sarah Palin hanno sperato di diventare vicepresidente. A differenza di Harris non vi sono riuscite.

Come vi è riuscita Harris?

Grazie a un’impeccabile campagna elettorale, in cui purtroppo le sono stati rivolti insulti sessisti, quali ‘aggressiva’,‘altera’,‘irritante, ‘malevola’, ‘petulante’ e razzisti: ‘Hillary con la faccia nera’. Già, stando all’appartenenza al genere donna, talvolta una donna non può essere aggressiva, a meno che non si tratti di Elisabetta I.

Le donne negli Usa?

Alla sua quattordicesima edizione, il Global Gender Gap Report 2020, pubblicato dal World Economic Forum il 16 dicembre 2019, confronta 153 paesi, valutando i loro progressi verso la parità di genere nei settori della politica, dell’economia, dell’istruzione e della salute. Dal Report 2020 emerge un miglioramento generale, in gran parte da attribuire a un incremento rilevante del numero delle donne in politica: le donne detengono nel mondo (solo!) il 25,2% dei seggi parlamentari e (solo!) il 21,2% degli incarichi ministeriali, a fronte dei – rispettivamente – 24,1 per cento e 19 per cento del 2018. L’Islanda si conferma il paese più avanzato del mondo quanto a parità di genere, seguita da Norvegia, Finlandia, Svezia e Nicaragua, mentre gli Stati Uniti si piazzano al 53° posto e l’Italia arretra, scendendo dal 70° posto del 2018 al 76°. Invece, la più recente classifica mondiale del Women in National Parliaments-Inter-Parliamentary Union vede l’Italia al 31° posto, con Ruanda, Cuba, Bolivia, Messico, Svezia, Grenada, Namibia, Costa Rica, Nicaragua, Sud Africa nei primi dieci posti; gli Stati Uniti non vi vengono menzionati, probabilmente in attesa della ‘squadra Biden’; da rilevare però che la penultima classifica vedeva gli Stati Uniti al 104° posto, insieme a Polonia e Repubblica Democratica del Congo.

Non so a proposito dell’Italia, ma, per quanto riguarda gli Stati Uniti, i loro posti, in quest’ultima classifica e in quella del Gender Gap, potrebbero mutare proprio sulla base delle donne che Biden chiamerà a far parte della sua squadra, donne capaci di influire appunto sull’assetto femminile, non solo numerico, nei settori della politica, dell’economia, dell’istruzione e della salute. Influire sulla visione socio-culturale delle donne negli States e nel mondo non solo occidentale.

Su Trump è stato detto di tutto e di più. Pure psichiatri e psicoanalisti si sono espressi sul suo ‘caso’. Nel febbraio del 2017, Charles Blow, New York Times Op-Ed columnist, ha scritto: Il Presidente americano vuole essere più che un presidente un imperatore, annullando i rivali come un tiranno’. Ciò ha avuto un seguito in una lettera, per l’appunto di psichiatri, psicologi, psicoanalisti, uscita sempre sul New York Times, lettera in cui si rileva che i comportamenti di Trump attestano l’incapacità di tollerare visioni differenti dalle proprie e la mancanza di empatia; vi si conclude che la grave instabilità emotiva, manifestata dal presidente, con parole e azioni, lo rendeva incapace di governare gli States. Altri hanno sostenuto che Trump soffre da sempre di un narcisismo di tipo classico.

Occorre aver ben presente che l’American Psychiatric Association’s 1973 Goldwater Rule prescrive dall’astenersi dalla valutazione d’individui non diagnosticati di persona dallo psichiatra stesso. Eppure tali valutazioni vengono date, specie in questo tempo in cui psichiatria e psicoanalisi vengono scelleratamente impiegate per analizzare di tutto e di più.

Che dire allora? A differenza di Biden, Trump è sempre sato poco disponibile alla tutela dei diritti delle donne.

Due esempi eclatanti: come poco fa ho scritto, Trump ha definito ‘un mostro’ Kamala Harris, mentre, tornando a 2017, etichetta, in modo ottuso e stolto, Meryl Streep: Hillary-Lover, attrice più sopravvalutate di Hollywood, lacchè di Hillary che ha perso grosso. Con quali ragioni? Nessuna. Reazioni di pancia, invece.

Ricevendo il Golden Globe alla carriera, Meryl Streep ha difeso i valori che l’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti ha seriamente posto in discussione, e, in particolare, ha fatto presente che ci si trovava in un ‘momento in cui la persona chiamata a sedersi nel posto più rispettato del nostro paese ha fatto l’imitazione di un reporter disabile, una persona che non poteva difendersi. Questo mi ha spezzato il cuore e non riesco a non pensarci perché non era in un film, ma era vita reale e questo istinto a umiliare quando viene da qualcuno potente sembra concedere il permesso ad altre persone di fare lo stesso. Mancanza di rispetto porta mancanza di rispetto, la violenza genera altra violenza. Quando i potenti usano la propria posizione per mettere altri a disagio perdiamo tutti. Questo mi porta alla stampa: abbiamo bisogno che la stampa ci sia per ogni oltraggio, per questo i nostri fondatori istituirono la stampa e la sua libertà. Per questo chiedo alla Foreign Press di continuare ad andare avanti perché noi abbiamo bisogno di loro e loro di noi per salvaguardare la verità’.

Affermazioni da hate speech (https://www.articolo21.org/2018/02/hate-speech-che-cose-e-come-lo-si-contrasta/), quelle di Trump, affermazioni senza essere sostenute da alcuna buona ragione, anzi. E non mi si venga a dire che vige la libertà di espressione. Si dà libertà di espressione solo quando si è in grado di giustificare le proprie affermazioni. Così, se affermo ‘la luna è fatta di formaggio’, e mi si chiede di quali buone ragioni (ragioni epistemiche, ovvero ragioni che presentano una buona probabilità di condurci alla verità), non mi è lecito rispondere: ‘Perché le cose danno così’. Una tale risposta denota che non sono affatto libera di affermare ‘la luna è fatta di formaggio’.

Nella sfida contro Hillary Clinton, Trump si è presentato come il paladino di donne e omosessuali, accusando la Clinton Foundation, non di essere una fondazione d’affari, ma di ricevere finanziamenti dalle dittature islamiste e: ‘Parli di donne, di diritti delle donne. Queste persone buttano i gay giù dai palazzi, queste persone uccidono le donne, trattano le donne in modo orribile… e tu continui a prendere i loro soldi! E allora ti vorrei chiedere proprio adesso: perché non restituisci i soldi che hai preso da certi paesi che trattano certi gruppi in modo così orribile?”. Una boutade?

Sull’Huffington Post, Akbar Shahid Ahmed ha sostenuto che questa ‘consente agli islamofobi che sostengono Trump di sentirsi moralmente superiori, giustifica i loro discorsi d’odio e le loro azioni… vende il partito repubblicano con il nuovo marchio fuorviante di paladino del progresso, mentre invece è una forza politica che cerca costantemente di reprimere la popolazione LGBT, oltreché palesemente le donne negli Stati Uniti’.

Quale deviazione ritenere che si difenda le persone LGBT solo in quanto non le si uccide: deviazione oppure confusione? Trump non ha forse rappresentato il condottiero di un partito che aspira da sempre a incrementare le proposte di legge contro tali persone, nonché ad aver scelto Mike Pence quale vice presidente e a capo del Transition Team. Pence lontano mille miglia da Harris.

Definito il legislatore più estremista del 21° secolo’ dall’organizzazione abortista Planned Parenthood, Pence, nato cattolico e ‘rinato evangelico’, è stato un indefesso sostenitore del Tea Party, l’ala iper-dura del partito repubblicano, è pro-life e pro-family, ha distribuito spille con slogan d’odio sui banchetti dei suoi comizi elettorali, si è schierato a favore delle ‘terapie riparative’ per gli omosessuali, ovvero quelle terapie pseudoscientifiche che intendono ‘curare la malattia’ dell’omosessualità. Per di più, ha acquisito la reputazione di ‘combattente culturale’, in quanto, quale membro del Congresso, ha condotto svariate campagne contro l’ampliamento del diritto di aborto, contro i fondi federali per la ricerca sugli embrioni, contro i matrimoni tra le persone same sex, da lui considerati ‘un collasso sociale che ha sempre portato in seguito all’avvento del deterioramento del matrimonio e della famiglia’ (su tali matrimoni, cfr. N. Vassallo, Il matrimonio omosessuale è contro natura: Falso!, Laterza 2015) e ha bloccato i fondi federali, sempre federali, per il summenzionata Planned Parenthood.

Un combattente culturale? Non scherziamo.

La cultura è motore dialogico e innovatore.

La destra xenofoba e intollerante deve aver suscitato un buon fascino in quelle cittadine e in quei cittadini che hanno eletto Trump a Presidente nel 2016. Hanno eletto un imprenditore e personaggio televisivo newyorkese di qualità del tutto dubbie, mentre nel 2020 Biden, un politico di professione, esponente dei Democratici moderati, col titolo di Juris Doctor, che a soli 29 anni, è stato eletto senatore federale, diventando il membro più giovane della camera alta della storia statunitense. E’ stato poi riconfermato per ancora sei mandati successivi, occupandosi prevalentemente di giustizia e politica estera fino al 2009, anno in cui ha rassegnato le dimissioni per svolgere il ruolo di vicepresidente di Barack Obama. Nel 2017 Biden è stato insignito della medaglia presidenziale della libertà con lode.

Già, la cultura è motore dialogico e innovatore, atto a promuovere la libertà.

Torniamo, allora e nuovamente, al 2017, al 21 gennaio (giorno dell’insediamento dell’ex presidente e forse giorno in cui ha iniziato a profilarsi la vittoria di un democratico nelle presidenziali del 2020) fino al 17 ottobre 2020, le donne hanno organizzato cortei contro Trump. A favore di Biden, attivismo, prese di posizioni delle celebrità. Per esempio, di Kirstie Alley, Jennifer Aniston, Billie Eilish, Woopi Goldberg, Barbra Steisand, Rihanna, Taylor Swift.

Judge Amy Coney Barrett. (Photo illustration: Yahoo News; photos: Screengrab via Federalist Society YouTube, Getty Images)

Cortei guidati, sebbene non fisicamente, da Stacey Abrams, Kamala Harris, Michelle Obama. Marce guadate dall’ Io dissento della superlativa Ruth Bader Ginsburg, 87enne, la cui morte ha fatto sì che Trump si assicurasse il controllo della Corte Suprema degli Stati Uniti, o comunque lo assicurasse al partito conservatore, rimpiazzando di fretta e furia Ginsburg con l’ultraconservatrice e antiabortista Amy Coney, bionda, ‘giovane’, sposata (lei tiene a ricordarlo) con Jesse M. Barrett, ex vice procuratore federale per il distretto settentrionale dell’Indiana, con cui si vanta di aver ben sette figli: cinque biologici e due adottati ad Haiti.

La Corte Suprema vede da sempre la presenza di giudici cattolici, nonché una congrua presenza di donne. Giovani? All’età di 48 anni, Barrett diventa il più giovane giudice mai nominato alla Corte. Non può non essere pro-life e pro-family convinta. Non solo teoricamente: da giudice federale, Barrett è intervenuta contro Planned Parenthood nel 2018 in un contenzioso tra il colosso abortista e lo stato dell’Indiana, che difendeva il diritto sancito per legge alla sepoltura o cremazione di bimbi abortiti, mentre nel 2019, rispetto a una legge dell’Indiana, ha votato per l’obbligo di informare i genitori, nel caso in cui a richiedere di abortire fosse una minore. Istruita? Come no. Ha due lauree, conseguite con il massimo dei voti, una in letteratura inglese al Rhodes College, la seconda in legge alla prestigiosa Notre Dame Law School, dove è stata premiata con una borsa di studio, come miglior allieva della sua classe. L’istruzione è necessaria alla propria apertura mentale e ai propri ragionamenti, ma evidentemente non è sufficiente.

Biden sta decretando una precisa svolta socio-economico-culturale nazionale e internazionale, oltre che politica, e mi auguro che la decreti sempre negli anni della sua presidenza, insieme alla vicepresidente Harris e alla sua squadra.

Svolta dovuta anche al numero di votanti: 160 milioni, ovvero in termini di percentuale, il 69%, la più elevata dalla straordinaria (per gli States) 73,7% del 1900. Da notare che, come ha sostenuto Al Jazeera, ‘in America sono le donne a decidere le elezioni, essendo il loro numero, da quarant’anni, superiore a quello degli uomini’.


Nicla Vassallo (1963, https://niclavassallo.net/), filosofa di fama internazionale, esperta di Gender Studies, Filosofia della conoscenza e Metafisica, è Professore Ordinario di Filosofia Teoretica da quando aveva 41 anni (ovvero da giovanissima per gli standard universitari italiani, e per di più donna che mai ha ceduto al Me-Too accademico), Docente di Dottorato di ricerca, Associato presso l’ISEM-CNR.