La X edizione del Premio Cramum si arricchisce e completa con l’assegnazione del secondo premio in palio. Dopo che il 19 gennaio era stato decretato Enrico Antonello quale vincitore assoluto, il “nuovo” Premio “Cramum Reti for Art” è stato riconosciuto direttamente dal Personale della Reti SpA, che ospita presso la propria sede di Busto Arsizio la mostra “Eroi?” con le opere dei dieci finalisti. Oltre 350 lavoratori sono così diventati “giudici d’arte” e hanno avuto due mesi per conoscere ed esprimere una valutazione sul/la migliore artista in mostra. Questo processo ha portato alla selezione di Betty Salluce quale vincitrice del premio acquisizione “Cramum Reti for Art”, dotato di 2500 euro. Grazie alla generosità del Presidente dell’azienda, Bruno Paneghini, e di sua moglie, Ilenia Carnio, l’opera “Anisa” dell’artista vincitrice sarà esposta permanentemente all’interno del Campus Reti.
Entra così nella collezione Paneghini ospitata da Campus Reti “Anisa” di Betty Salluce che racconta la struggente storia di una giovane donna immigrata in Italia dal Bangladesh. L’artista spiega che “l’eroe, inteso quale figura archetipica, attraversa la cultura umana fin dalla sua codificazione. Il percorso dell’eroe è il topos alla base di qualsiasi racconto, ricalca codici che si perdono nella storia della narrativa, sia orale sia scritta. L’eroe per eccellenza è Ulisse, che, con il suo corpo, attraversa terre e pericoli, per tornare ad una casa da cui la guerra troiana l’aveva allontanato. L’emigrazione incarna uno delle mille sfaccettature dunque dell’eroe. L’epopea del viaggio e l’incontro con una cultura altra definiscono un percorso di crescita decisivo, che al mondo si apre per sfuggire al proprio Paese, quando questo diventa un teatro vuoto di umanità e serenità. “Anisa” è, dunque, prima di tutto il ritratto di un eroe, una ragazza del Bangladesh, da cui il quadro prende il nome, ma anche un ritratto corale, che vuole dar forma visiva all’emigrazione e alla sua epopea tanto mitica quanto sofferta e ingiusta. La mano si abbandona, si mostra nel suo aspetto più intimo (il palmo), racconta il passato e promette il futuro, futuro che rimane fuori dal ricamo che ne delinea il contorno, una separazione netta quanto labile (la linea non è continua ma tratteggiata). I ricami colorati spezzano il grigiore circostante, andandosi ad intrecciare con le “linee della vita”, che nella cultura popolare rappresentano la vita umana nelle varie fasi che questa attraversa. L’artista ne crea di nuove, le moltiplica, ne cambia i percorsi, attraverso i ricami, dona ad Anisa le strade fatte e quelle solo sognate, ne celebra la partenza e ne traccia un ritorno, non ad un luogo preciso ma ad uno stato dell’animo, ad una quiete ed al silenzio dei giusti. Un futuro in cui non c’è bisogno di eroi è l’unico futuro di pace possibile, la storia mai scritta che pone fine a tutte le storie possibili.”
Premiati con una somma di denaro invece i tre lavoratori – Paolo Zaffaroni, Valentina Bandera ed Elisa Cattaneo (nell’ordine di selezione) – che meglio hanno saputo spiegare il proprio voto. Tale selezione è stata effettuata da Sabino Maria Frassà, Direttore Artistico di Cramum e ideatore di questa iniziativa, che ha spiegato così la visione che ha portato alla nascita di questo nuovo format di premio: “Il Capitale Umano è un attore imprescindibile e irrinunciabile del nostro modo di concepire il mondo non solo dell’arte. La collezione Paneghini si estende da anni in tutti gli ambienti in continuo divenire del Campus Reti, cuore dell’omonima azienda che quest’anno celebra il trentesimo anno di attività. Ho e abbiamo voluto fortemente questo nuovo ‘Premio Cramum Reti for Art’ per rafforzare ulteriormente il legame tra arte e azienda, in linea con la visione olivettiana del padrone di casa, Bruno Paneghini, secondo cui lavorare nel ‘bello’ favorisce la crescita e il benessere sia dell’azienda sia delle persone. L’arte non è (più) un semplice ornamento per le pareti del luogo di lavoro, ma può diventare motivo di ispirazione, aggregazione e condivisione. Lo è oggi, ancora di più grazie a questo Premio che ha trasformato i lavoratori in consapevoli giudici e collezionisti, con la scelta diretta e insindacabile di quale artista “far entrare” nel luogo in cui lavorano. A dimostrazione che l’arte può fare la differenza anche sul luogo di lavoro, mi ha colpito la profondità delle riflessioni dello staff di Reti sulle opere in mostra”.
Il primo classificato tra i dipendenti è Paolo Zaffaroni, che ha vinto per la riflessione proposta sulla ricerca artistica di Gisella Chaudry: “L’impressione che lascia l’opera “Punto di contatto” di Gisella Chaudry è quella di un paesaggio desolato e brullo. Se relazioniamo tale elemento al titolo dell’opera, può sembrare che il contatto degli altri lasci su di noi abbia un effetto devastante e di desolazione. Ma, se si affronta il tema da un altro punto di vista, ogni cratere può essere interpretato come un dono di una parte di sé, inteso anche come pura condivisione di esperienza, di conoscenza, di punti di vista … di emozioni. Del resto già secoli fa l’apostolo Paolo spiegava che “vi è più gioia nel dare che nel ricevere”. Ogni cratere diventa così un’opportunità e occasione per ricevere dagli altri le stesse esperienze. Tutto ciò richiama uno dei valori fondanti di Reti: creare connessioni tra le persone per ottenere insieme qualcosa di più grande della somma dei singoli”.
Valentina Bandera, seconda classificata, ha commento così il suo voto per l’opera “Words. Are just words?” di Enrico Antonello: “Un’opera che con le sue trasparenze si fonde con l’ambiente circostanze e interrompe lo spazio con le sue linee decise e razionali. Bastano pochi istanti per rimanere ipnotizzati dalle luci che, accendendosi e spegnendosi, guidano lo sguardo dell’osservatore tra le parole. Scatta così un’associazione di idee che dà vita ad un viaggio introspettivo. I pensieri sono continuamente interrotti dalle parole che riescono a rompere il silenzio anche se – qui – non c’è una voce a scandirle: a prenderne il posto è il rumore secco dei circuiti che si attivano e donano nuova vita e dinamicità all’opera”.
Infine, Elisa Cattaneo, arrivata terza, ha spiegato il perché del suo voto a favore di Betty Salluce: “La sua opera mi ha colpito subito per i colori sgargianti dei fili intrecciati: vivaci, vivi, vividi. Colori che evocano passione ed energia. Solo dopo ho posto lo sguardo su tutta la mano: scura, cupa, reale, normale: è la mano di una donna con tutte le sue bellezze e le sue imperfezioni. Una mano lasciata andare, affaticata, abbandonata, ma in cui scorre ancora sangue, colore, coraggio, forza, vita. Mi ha colpito questo contrasto cromatico che rispecchia la contrapposizione tra normalità ed eccezione. In fondo chi è un eroe? Una persona come me, che pur trovandosi a vivere eventi straordinari nel bene e nel male, non può che rimanere sempre nell’intimo una persona normale”