Dal centro (Policlinico di Milano) in cui collabora A. Busnelli, vincitore di uno dei 3 prestigiosi premi FGP-ESHRE 2013 , un articolo per dare una speranza in più a tutti quegli uomini che scoprono di avere un cancro prima di diventare padri. [fancy_link link=”https://amanutricresci.com/fondazione-giorgio-pardi-compie-5-anni-e-premia-3-giovani-ricercatori-italiani/” variation=”purple” textColor=”#900000″]Scopri chi sono i vincitori del Giorgio Pardi Award – ESHRE 2013[/fancy_link]
[fblike layout=”standard” send=”true” show_faces=”true” action=”like” font=”lucida+grande”] [margin10]Per i maschi, il rischio di sviluppare una neoplasia maligna in età fertile è superiore ad 1%, percentuale non trascurabile anche se lievemente inferiore a quella delle donne. Gli attuali regimi terapeutici permettono la guarigione o la sopravvivenza a lungo termine della maggioranza di questi pazienti ma, spesso, comportano un danno testicolare che riduce considerevolmente le probabilità di concepimento spontaneo.
Si può combattere questo problema? Come?
Gli effetti delle chemioterapie e delle radioterapie sulla funzione riproduttiva possono essere temporanei o permanenti e dipendono principalmente dal tipo di patologia in atto, dal tipo di chemioterapico, dalle dosi cumulative, dalla durata del trattamento. In genere non è prevedibile a priori se i trattamenti oncologici comporteranno una alterazione della fertilità, ma è stimato che in una percentuale compresa tra il 10% e il 100% dei pazienti sottoposti si può verificare una riduzione nella qualità del liquido seminale, mentre il 15%-30% dei soggetti guariti risulta sterile anche dopo molti anni dal termine delle terapie.
A. Paffoni (scopri chi è), E. Somigliana (scopri chi è) del Policlinico di Milano – Mangiagalli (scopri il Centro) | Revisione Editoriale: S.M. Frassà (scopri chi è)
Scopri quali altri fattori favoriscono l’infertilità maschile:
Button Text Button Text Button Text
In che modo è possibile preservare la fertilità maschile?
[googleplusone size=”standard” lang=”it”]Negli ultimi anni sono state sperimentate diverse tecniche per preservare la fertilità maschile. Tuttavia, l’unico metodo di comprovata efficacia è tuttora il congelamento (o crioconservazione) di liquido seminale che ha trovato un notevole impulso con lo sviluppo delle tecniche di fecondazione in vitro. Queste, infatti, permettono di utilizzare anche campioni spermatici che si presentino con caratteristiche sub-ottimali al momento del deposito o dopo scongelamento. Esistono Biobanche dei gameti, spesso associate a centri in cui si eseguono tecniche di procreazione medicalmente assistita, in cui è possibile depositare il proprio liquido seminale e conservarlo in azoto liquido (-196 °C) per un lungo periodo, in previsione di trattamenti chemioterapici.
Benchè nel mondo siano numerosissimi i casi di bimbi nati utilizzando liquido seminale precedentemente conservato, la tecnica presenta alcuni importanti limiti. Il maggior limite è l’impossibilità di impiego in pazienti di età pre-puberale (si pensi ai bambini affetti da neoplasie). Sono in corso di sperimentazione nuovi approcci volti a garantire un futuro riproduttivo anche ai pazienti più giovani o che non possano effettuare il deposito di liquido seminale a causa di azoospermia (assenza di spermatozoi nell’eiaculato). La crioconservazione di tessuto testicolare e di cellule staminali testicolari con successivo trapianto nel soggetto in remissione ha fornito prove di efficacia negli animali e si sta configurando come possibile applicazione clinica nel futuro.
A chi è rivolta la crioconservazione del liquido seminale?
[linkedin layout=”2″]Il danno testicolare determinato dei trattamenti chemioterapici risulta spesso variabile tra soggetti diversi in dipendenza dalla conta spermatica pre-trattamento, dal tipo e dalla dose di chemioterapia antiblastica adottata e dall’età del paziente, dal tipo di cancro , ma in nessun caso può essere garantito il ripristino della spermatogenesi. Per questo motivo a tutti i pazienti oncologici interessati, dovrebbe essere offerta la possibilità di effettuare la crioconservazione del liquido seminale. Ad oggi questo obiettivo è piuttosto lontano, essendo stimato che oltre la metà dei pazienti non viene indirizzata al deposito di seme né viene opportunamente informata sulle possibili conseguenze sulla fertilità dei trattamenti.
In Italia esistono da almeno 25 anni biobanche pubbliche presso le quali sono depositati i liquidi seminali di migliaia di pazienti di ogni età. La loro distribuzione sul territorio nazionale non è omogenea essendo molto più concentrata nelle Regioni del Centro-Nord.
Nella maggior parte delle Regioni la prestazione non rientra nel tariffario delle prestazioni sanitarie, neppure in caso di esenzione, e pertanto il paziente è tenuto al pagamento di una quota per la conservazione ed il mantenimento successivo. Questa tariffa è piuttosto variabile tra diversi centri, ma in genere non supera poche centinaia di euro per la conservazione ed il mantenimento annuale.
La crioconservazione del liquido seminale può essere eseguita in molti Centri in Italia, in tempi rapidi, senza influire in alcun modo sul trattamento della patologia.
Questo articolo è stato pensato da Alessio Paffoni, Senior Embryologist presso il Centro Sterilità della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. I suoi interessi principali sono la crioconservazione di gameti ed embrioni e gli aspetti genetici della biologia della riproduzione. Alessio Paffoni è autore e co-autore di 27 articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali, partecipa regolarmente ai principali congressi sul tema della medicina della riproduzione.